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Breakfast Club

Regia di John Hughes vedi scheda film

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La recensione su Breakfast Club

di Dying Theatre
8 stelle

Obbligati per punizione a passare un'intera giornata a scuola, cinque liceali americani si vedono costretti, dopo le iniziali ritrosìe, a dialogare e confrontarsi l'uno con l'altro. Sarà l'occasione per superare pregiudizi, abbattere barriere culturali e sociali e, in definitiva, per conoscere meglio loro stessi. Emblema del 'bratpack' anni '80 e cult movie in patria, 'Breakfast Club' lavora sugli stereotipi adolescenziali dapprima evidenziandoli (non senza un pizzico di colpevole compiacimento), poi indagandoli via via più in profondità, fino ad una quasi totale - e certamente più che sincera - sovversione critica degli stessi. Hughes, qui al suo meglio, azzarda non poco: dall'unità di tempo, luogo ed azione (scelta non comune per un prodotto comunque destinato al grande pubblico) all'approccio smaccatamente psicanalitico della sceneggiatura. Ne deriva un 'unicum' piacevolissimo, un affresco generazionale nè banale nè consolatorio, lieve ed avvolgente nei ritmi narrativi eppure del tutto onesto nell'analizzare in chiave critica gli aspetti più deteriori del modello di vita americano e del conseguente e correlato sistema educativo. Ad uscirne malconci sono i presidi, i genitori, le figure autoritarie, le istituzioni in genere ed il patrimonio di disvalori che propagano, dalla violenza al dovere di cieca obbedienza alle logiche d'un branco/nucleo d'appartenenza/sistema di potere, dal consumismo edonista alla spersonalizzante logica del successo a tutti i costi. Decisamente non male per una commedia per famiglie prodotta nell'America di Reagan. Nelson e la Sheedy una spanna sopra gli altri, in un cast di meteore di una Hollywood che non ebbe il tempo di guardarsi crescere. John Hughes da allora andò peggiorando irreversibilmente. Il pubblico vide, apprezzò, ma forse, a conti fatti, non capì.

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