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Porco rosso

Regia di Hayao Miyazaki vedi scheda film

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Stefano L

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La recensione su Porco rosso

di Stefano L
10 stelle

Porco Rosso' 1992 (Theowne, 2009) | Studio ghibli art, Ghibli art, Studio  ghibli

 

Quasi due decenni in attesa della localizzazione linguistica di questo ammaliante anime di Miyazaki. Ne è valsa la pena? A giudicare dall'ottimo doppiaggio diretto da Gualtiero Cannarsi direi di sì! "Kurenai no Buta" (titolo originale) è una magica (e piena di riferimenti reali) favola inedita sulle imprese eroiche di un maiale dalle sembianze antropomorfe, ex aviatore dell’aeronautica italiana durante la Prima Guerra. L’anno è il 1929 (lo si deduce dalla rivista che il protagonista tiene in mano all’inizio della storia), ed adesso Marco Pagot (così si chiama il suddetto suino) è un ricercato cacciatore di taglie a pagamento, il quale si diletta nei cieli della costa adriatica. Alle sue calcagna vi sono un gruppo di pirati agguerriti, la polizia “fascista” e il mascellone americano Donald Curtis. Un giorno, durante il soggiorno a Milano, decide di revisionare il suo idrovolante; incontrerà l'astuta diciassettenne Fio, la quale lo convincerà a farsi ingaggiare in qualità di designer addetta alle nuove modifiche da apportare al suo caccia... In "Porco Rosso" risiede la summa di tutti i topoi più cari al rinomato autore giapponese: animismo, anticonformismo, emancipazione della figura femminile, antibellicismo, scetticismo verso il totalitarismo e il dispotismo. Le immagini sono trascendentali, poetiche, indimenticabili. La scena più memorabile è proprio quella ove viene raccontato l’ultimo combattimento aereo nell’estate del ’18, in cui Pagot rimane sospeso tra le nuvole e vede i suoi commilitoni ergersi sempre più in alto in una spirale evanescente, tanto da fargli sospettare un contatto diretto col Creatore (e forse quel “sogno” si rivelò un messaggio divino volto a veicolarlo nella sua futura trasformazione); la parvenza leggermente inintelligibile di questo racconto non mitiga l’estro di Miyazaki nel farci trascinare in una dimensione meravigliosa, dove si può chiaramente dedurre che l’uomo, seppur bersaglio delle vessazioni altrui, deve lottare con qualsiasi strumento a disposizione se vuole vivere libero, senza rinunciare alle sue idee, o sottoporsi a prese di potere propagandistiche ed espansionistiche, come avrebbe fatto l’Italia durante il periodo dello squadrismo. Orbene, la sceneggiatura del lungometraggio è un lavoro curato nei minimi dettagli, e allo stesso modo lo sono le animazioni dello studio Ghibli, caratterizzate da disegni incantevoli; eccezionale l’espressività dei personaggi vergati su carta (che fanno impallidire diversi attori in carne ed ossa operanti ad Hollywood), i quali riescono ad integrarsi perfettamente nei vari ritagli della narrazione per mezzo di una metrica impeccabile della scansione delle vicende. Stupende anche le musiche di Joe Hisaishi. Ci si trova davanti, pertanto, ad un prodotto eccezionale. Grazie alla Lucky Red, finalmente, gli spettatori del Bel Paese possono goderselo al massimo.

 

 

 

 

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