Regia di Hayao Miyazaki vedi scheda film
La Storia racconta gli uomini schiavi, il mito li rivendica liberi: in “Porco Rosso” del 1992 Miyasaki, contrappone la città incantata fra le nubi color pastello popolata dai piloti di idrovolanti a quella irrigimentata dell’Italia fascista. La prima, edificata su materiali impalpabili quali i sogni e le aspirazioni pure, si è materializzata nell’epoca d’oro degli idrovolanti alla fine della Prima guerra mondiale: i cieli tersi del Tirreno sono un regno fatato dove Marco Pagot con il suo bolide rosso fuoco sfida lealmente i rivali, i “pirati dell’aria” e l’americano Curtis assoldato da loro per sconfiggerlo.
Miyasaki nei suoi capolavori utilizza di solito la prospettiva estraniante della favola come chiave di lettura per la complessità del mondo reale: tunnel sotterranei o castelli mobili consentono l’accesso ad universi paralleli fantastici penetrando i quali l’integrità morale dei protagonisti adolescenti conquista per sé e per l’umanità tutta la salvezza. Qui il riferimento alla pagine asfittiche di uno dei momenti più cupi della storia del ‘900 imbriglia la creatività prodigiosa dell’autore della “Città incantata” in un tempo e in uno spazio identificabili con precisione nelle carte geografiche e nei manuali di Storia: gli epiteti trasudanti odio attribuiti dai totalitarismi agli oppositori danno alla leggendaria figura di un aviere il volto di un porco e non la magia di una strega malvagia. Sull’Italia del 1929 senza continenti sommersi da disseppellire o città fantasma da risvegliare solo l’orizzonte libero del Tirreno può far luce: lì guarda il gruppo solidale di persone che gravita attorno a Porco Rosso e lì vive il suo romanzo di formazione la ragazzina Fio. L’anima si costruisce ovunque il proprio luogo segreto e se si ci alza in volo ci si accorge che la terra ne è piena. Essere ribelli a leggi e convenzioni inique è possibile in qualunque situazione: la cantante Viola coltiva il suo amore in un giardino nascosto, la 17enne Fio Piccolo progetta in un laboratori sui Navigli velivoli meravigliosi, Ferrarin aiuta il commilitone contro l’esercito fascista di cui fa parte, tenere nonnine collaborano alla giusta causa del pilota giustiziere, e Pagot, dopo aver visto fra le nubi, unico sopravvissuto a una missione di guerra, i fantasmi dei compagni di volo, non dimentica e a modo suo raddrizza i torti fatti alla professione di esploratori disinteressati dell’etere. “Porco rosso” è dunque l’epopea romantica di un eroe oscillante fra la nostalgia per una stagione irripetibile e la speranza che la periferia della Storia sia maestra di vita. “http://spettatore.ilcannocchiale.it
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