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Danton

Regia di Andrzej Wajda vedi scheda film

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Questo testo contiene anticipazioni sulla trama.

La recensione su Danton

di sasso67
8 stelle

Cinema a sfondo storico di ottimo livello, che si riferisce al passato, alla contemporaneità (Wajda gira nel 1982, durante le repressioni del generale Jaruzelski) ed anche al futuro, cioè al nostro presente. E’ un cinema che ci racconta la Storia anche attraverso lo scontro di caratteri, come spesso è stata veramente la Storia e come lo fu, in particolar modo, la Rivoluzione Francese. Non è difficile capire, qui, per chi simpatizzi il regista: è chiarissimo fino dal titolo del film. Un Danton che non disdegna il cibo e il vino è contrapposto ad un Incorruttibile che non mangia, non beve e non tromba, e tutto ciò che si concede, oltre alla politica, sono le cure del parrucchiere. Georges Danton e Maximilien de Robespierre sono entrambi artefici di una rivoluzione che, come Saturno (sono parole dello stesso protagonista del film) “divora i propri figli”, e che mette gli amici di un tempo, come Robespierre e Desmoulins, nelle condizioni di inviarsi sul patibolo. Wajda non nasconde, quindi, le responsabilità di Danton nell’avere spianato la strada al Terrore, ma gli riconosce la capacità di riflessione che lo conduce a voler mettere un punto a questa spirale sanguinaria, per ricondurre la Rivoluzione su binari più umani, anche per evitare una reazione moderata (che puntualmente si verificò il 9 Termidoro), che vanificasse gran parte degli effetti positivi del movimento rivoluzionario. Al regista si deve anche riconoscere il merito di non avere fatto di Robespierre – cosa che egli non fu – un sanguinario di natura, una sorta di vampiro, poiché è risaputo che da avvocato si era espresso più volte, con veemenza, contro la pena di morte. Ma qui, secondo l’Incorruttibile, si giocava una partita diversa e lui, come del resto il suo avversario, ritenevano di parlare in nome del Popolo, sul cammino del quale intendevano spazzare via qualsiasi ostacolo. Per questo, era necessario eliminare Danton ed i suoi amici, imbastendo un processo farsa, nel quale gli Indulgenti furono messi alla sbarra insieme a dei criminali comuni. Nel tratteggiare Danton, Wajda mette in evidenza l’irruenza e la passionalità del personaggio, anche servendosi delle robuste spalle di uno dei migliori Depardieu della sua carriera, mentre affida al polacco Pszoniak i tormenti di un Robespierre che ha riflessioni da grande statista (nel finale riconosce che la Rivoluzione, per come sarebbe dovuta essere, è fallita) e prese di posizione da dittatore staliniano (come quando fa togliere l’immagine di Fabre d’Eglantine dal quadro di David sul Giuramento della Pallacorda), ma che subisce le contraddizioni di chi non vuole abdicare al proprio ruolo di potere (dichiara che la libertà di stampa è la base della Repubblica, ma fa chiudere il giornale di Desmoulins, compie ripetuti abusi durante la discussione alla Convenzione) e che coltiva una sorda invidia nei confronti del rivale Danton, amatissimo dal popolo, mentre lui è benvoluto soltanto da una ristretta cerchia di infidi politicanti.

 

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