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L'isola della donna contesa

Regia di Josef von Sternberg vedi scheda film

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La recensione su L'isola della donna contesa

di steno79
9 stelle

"L'isola della donna contesa" o "The saga of Anatahan" è l'ultimo film di Josef von Sternberg, realizzato interamente in Giappone come "L'angelo azzurro" lo era stato in Germania; film generalmente incompreso, poco considerato dalla critica rispetto ai film con la Dietrich, con qualche eccezione come quella del compianto Buttafava che nella sua monografia sul regista lo considera addirittura il suo capolavoro assoluto. 

È un film di sicuro fascino, un'opera come sempre stilizzata, irreale e con forti legami con l'espressionismo, che vede un gruppo di soldati giapponesi naufraghi su un'isola sperduta, dove resteranno anche quando scopriranno che la Seconda guerra mondiale è finita e il Giappone è stato sconfitto, tutti succubi della bellezza e del potere di seduzione di Keiko. Sternberg sceglie una struttura antinaturalistica dove la narrazione viene portata avanti da una voce over che commenta continuamente l'azione con uno stile piuttosto enfatico e solenne che non manca di considerazioni sulla vita e i rapporti umani, mentre i dialoghi fra gli attori sono in giapponese senza una vera e propria traduzione.

Il fascino è principalmente di ordine figurativo, con una studiata composizione dell'immagine dove le geometrie della foresta che imprigionano i soldati, gli spazi angusti dell'isola e la presenza opprimente del mare rimandano ad una visione dell'esistenza come conflitto non risolto, mentre il piacere offerto dal simulacro femminile diventa esso stesso fonte di pericolo, dato il numero di morti a lei collegati. La fotografia firmata dallo stesso Sternberg è magistrale nella creazione di un universo puramente fittizio dove le tematiche di un'intera carriera vengono ricapitolate con consumato mestiere e gusto dello spettacolo esotico, in un'ideale chiusura del cerchio dove il regista pote' almeno godere della libertà creativa che Hollywood gli aveva negato.

Nel cast Akemi Negishi è una presenza di magica suggestione, un po' come ai bei tempi della Dietrich, ma Sternberg si conferma regista demiurgo che può perfino rinunciare alla forza delle interpretazioni, quando come qui sa creare immagini di tale rilevanza estetica.

Voto 9/10

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