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Che la festa cominci...

Regia di Bertrand Tavernier vedi scheda film

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La recensione su Che la festa cominci...

di hupp2000
9 stelle

Il secondo dei tanti capolavori di Bertrand Tavernier, uno dei registi più poliedrici dei nostri tempi. Una rilettura trasgressiva ma verace della storica Reggenza successiva alla scomparsa del "Re Sole". Con uno trio di attori stratosferico !

Dopo “L’orologiaio di Saint-Paul” (1974), suo primo e splendido lungometraggio tratto dal romanzo di Georges Simenon, Bertrand Tavernier cambia completamente registro e sforna un classicissimo film in costume che mescola con autentico virtuosismo fatti storici, commedia e avventura. Alla morte di Luigi XIV, il duca Filippo d’Orléans (Philippe Noiret) assume la reggenza in attesa della maggiore età del futuro Luigi XV. E’ senza dubbio più liberale e riformista del “Re Sole”, ma è anche un libertario e persino un libertino, amante del buon vivere e delle belle donne, procacciategli peraltro dal suo consigliere, l’abbate Dubois (Jean Rochefort), la cui manifesta ambizione è divenire un porporato. Dubois preme sul Reggente affinché affronti manu militari il marchese di Pontcallec (Jean-Pierre Marielle), un nobilastro che si è messo alla testa di una rivolta tesa ad instaurare un’improbabile Repubblica di Bretagna.

 

“Que la fête commence” è un film rapido, sia nel susseguirsi delle scene che nei raffinatissimi dialoghi, un film in continua ebollizione, come i suoi tre protagonisti, due dei quali (Noiret et Rochefort) erano già presenti nel succitato primo lungometraggio. Brillantissima in particolare la prestazione di Jean Rochefort, abbate ruffiano e, soprattutto, spudorato miscredente. Al Reggente che gli domanda: “Non crederete mai in Dio?”, risponde: “Se un giorno diventassi papa… chissà?”. L’irriverenza e la sfacciataggine la fanno da padrone durante l’intera vicenda, mettendo grottescamente e talvolta comicamente in luce la decadenza irreversibile di un’aristocrazia inconsapevole della miseria e della rabbia popolare che la circonda, una rabbia che coverà settant’anni prima di travolgerla definitivamente.

 

 

Al di là della magnificenza dei costumi, della meticolosa ricostruzione ambientale di corte e di provincia, della cura quasi maniacale dell’autenticità di oggetti e di arredi che gli saranno proprie in decenni di cinematografia, Bertrand Tavernier sia avvale della complicità di tre attori pressoché coetanei, impegnati in ruoli perfettamente adatti alle loro personalità e rispettivi talenti. Philippe Noiret si può considerare un suo interprete feticcio, come confermano i successivi capolavori della coppia. Jean-Rochefort vince per il suo ruolo un meritato Cèsar nel 1976, premio assegnato anche a Bertrand Tavernier per la miglior regia. Jean-Pierre Marielle nei panni del marche de Pontcallec sprigiona un’energia pirotecnica che trascina lo spettatore. Il trio, ancora in piena forma, si troverà riunito vent’anni più tardi nell’ottima commedia “Les grands-ducs” di Patrice Leconte.

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