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Perceval le gallois

Regia di Eric Rohmer vedi scheda film

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La recensione su Perceval le gallois

di alan smithee
8 stelle

locandina

Perceval le gallois (1978): locandina

ERIC ROHMER

Adattamento fedele ed innovativo, soprattutto a livello di scenografie, stilizzate ed insolite, quanto meno per il cinema, da parte di un Rohmer che sceglie di rappresentare le avventure di Parsifal trasponendo il romanzo incompiuto di Chrétien de Troyes, mantenendo il dialogo in rime e lingua arcaica, e dando vita ad una rappresentazione eccentrica e colorata che ricorda anche in parte, proprio per la scelta delle bizzarre location posticce e surreali, sproporzionate e fumettistiche, certi ultimi film di Alain Resnais, se non addirittura anticipatore delle scenografie asettiche come lastre che hanno reso celebre il dittico di Lars Von Trier Dogville e Manderlay.

Un ventisettenne Fabrice Luchini (che tuttavia ne dimostra meno di venti), impersona il mingherlino ma temerario adolescente che, affascinato dalle armi, dalle armature scintillanti e dall'idea di diventare un cavaliere, abbandona la madre ed il suo castello isolato nella foresta per unirsi alla corte di Re Artù e divenendo uno degli elementi di riferimento del sovrano, nonché il prescento della figlia di costui, Biancofiore.

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L'impeto del carattere, l'indipendenza di una mente libera, fiera, indomita, restano al centro della narrazione del celebre regista francese che qui mette da parte le storie più prettamente intimistiche di personaggi come tanti nella quotidianità della vita moderna, per dedicarsi ai medesimi crucci, idealistici e sentimentali, di un personaggio che la storia e la letteratura hanno reso immortale, se non eroico.

Non facile né lineare nel suo complesso risulta a tutti gli effetti seguire le avventure dell'ostinato e cocciuto ragazzo, ma il film resta impresso e attrae visivamente per come stilizzato e interessante si adopera a mantenere il senso della distanza e della profondità nelle articolate e scientemente puerili scenografie di contorno, laddove invece rifiuta ostentatamente il realismo delle proporzioni (il castello ad esempio è piccolo come una capanna, oltre che stilizzato come in una fiaba per bambini).

In questo senso, codesta incursione storica di Rohmer (ne seguiranno altre, cadenziate ogni decennio) appare moderna e nello stesso tempo rispettosa del testo originario, vincolato ad un linguaggio arcaico affascinante e inevitabilmente datato, ma frizzante e vivace.

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