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Un condannato a morte è fuggito

Regia di Robert Bresson vedi scheda film

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La recensione su Un condannato a morte è fuggito

di Antisistema
10 stelle

“Questa storia è vera. lo la racconto così com’è, senza ornamenti " (Robert Bresson)

 

Il concetto bressoniano rimanda nella mente dello spettatore ad un cinema spoglio, privo di orpelli dove il superfluo è bandito, togliere il grasso e l'osso da una bistecca, con il risultato di avere solo il pezzo di carne, una rovina della pietanza secondo molti, eppure nell'apparente assenza materiale, ci sono tutti una miriade di elementi ben presenti nell'opera del regista, superficialmente non visibili, ma alzando la soglia della percezione, nella spartanità della messa in scena si cela un coarcevo di contenuti che nella povertà dell'insieme, risplendono e si esaltano come non mai.
L'approdo al cinema carcerario per Robert Bresson era solo una questione di tempo, nessun luogo più della prigione si dimostra un set adatto ad una concezione scarnificata ed essenziale della settima arte; ambientato durante la seconda guerra mondiale, precisamente a Lione nel 1943, il tenente Fontaine (Francois Leterrier) membro attivo della resistenza (ha fatto saltare vari ponti), è stato acchiappato dall'occupante tedesco e nessuna illusione vuole farsi sulla propria sorte già mestamente segnata, la condanna a morte.
Condotto in prigione e stipato in una cella di 3 metri per 2 metri, Fontaine dopo essere riuscito a prendere contatto con i suoi compagni della resistenza sul fatto che i tedeschi hanno scoperto la loro sede, potrebbe approfittare del luogo e del lungo tempo in solitudine per mettersi in pace con sè stesso e raccogliere il coraggio per affrontare più dignitosamente possibile il momento dell'esecuzione, che potrebbe sopraggiungere da un momento all'altro; eppure accade il primo di una serie di "miracoli", le assi della porta della cella sono fissate male tra loro, un cucchiaio fatto d'acciaio ed un bel pò di olio di gomito basterebbe a scardinare esse e aprirsi così un varco attraverso cui passare; è la miccia che riaccende la scintilla della sopravvivenza in Fontaine, adesso non è più rassegnato al suo destino, ma lotta giornalmente per vivere, perchè il vento soffia dove vuole come recita il sottotitolo del film, ma Dio è con il protagonista e la sua fuga riuscita (come preannunciato dal titolo) non può che trovare nessun'altra spiegazione se non nella fede. 

 

 

La narrazione per la gran parte si affida ai silenzi e alla fotografia dai toni grigi, che sfrutta come unica fonte di luce nella cella quella che esce dalla finestra poste in alto, unico punto di osservazione esterno concesso a Fontaine oltre allo spioncino collocato sulla porta d'ingresso alla sua cella. Ogni tanto Fontaine dialoga con gli altri compagni durante i minuti d'aria concessi dai tedeschi, tramite i quali cerca di procurarsi dei materiali per la fuga, ma per la gran parte del film le uniche parti parlate, derivano dai monologhi interiori del protagonista, che illustra in modo cronachistico lo svolgimento delle sue azioni in merito alla preparazione della fuga e ai suoi dubbi mano a mano che il momento fatidico si avvicina, confessando le sue angosce al vicino di cella, tramite la finestra della sua cella.
Accettare la morte è troppo facile, mentre resistere al logorio quotidiano della vita carceraria e trovare la forza di scappare è un pò come rinascere a nuova vita, la fuga quindi è una prova da superare posta da Dio a Fontaine, il quale in realtà sino a quel momento come la maggior parte delle persone, aveva visto la fede come un appoggio psicologico su cui fare affidamento nei momenti di difficoltà nella vita e non come sincero affidamento al mistero di Dio, il quale ad un passo dal traguardo pone all'uomo il più grande ostacolo di tutti, un nuovo compagno di cella Jost, una figura dall'incerta fedeltà, una spia tedesca mandata a spiare Fontaine nei suoi ultimi giorni di vita dopo la condanna a morte, oppure un partigiano francese catturato come altri e quindi una persona di fiducia?
Il buon senso imporrebbe l'immediata eliminazione per evitare problemi e subito dopo tentare la fuga, ma uccidere un uomo è facile, mentre risparmiare una vita e abbandonarsi alla fiducia totale verso il prossimo è un gesto che può costare caro in un ambiente come quello carcerario, dove si punta solo alla sopravvivenza individuale a scapito altrui.
La scelta di Fontaine sarà decisiva ai fini della riuscita della fuga, i suoi tormenti sono sempre più angoscianti e i dubbi lo attanagliano sempre più, un ritardo nella decisione può essergli fatale e se l'uomo non riesce più a credere in sè stesso a Dio non importa, perchè egli crede in Fontaine e nella sua capacità di fare la scelta giusta. Capolavoro assoluto di Bresson, che qui pone praticamente tutte le basi del suo cinema, seppur declinate in una chiave più positiva rispetto alle sue opere successive, ma con un Condannato a Morte è Fuggito, crea un capo d'opera nella storia del cinema e sfruttato da molti film successivi, in cui l'epigono migliore sarà sicuramente Fuga da Alcatraz di Don Siegel (1979), ma senza la dimensione trascendentale propria dell'opera bressoniana.

 

 

Film aggiunto alla playlist dei capolavori : //www.filmtv.it/playlist/703149/capolavori-di-una-vita-al-cinema-tracce-per-una-cineteca-for/#rfr:user-96297

 

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