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2046

Regia di Wong Kar-wai vedi scheda film

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La recensione su 2046

di FilmTv Rivista
6 stelle

2046 non è il remake di In the Mood for Love (come Wong Kar-wai ha più volte sottolineato), anche se il protagonista si chiama come quello precedente, Chow Mo-wan, come lui è scrittore e come lui è interpretato dall’elegantissimo, sensuale Tony Leung. Quasi certamente, anzi, è lui, avvolto dal fumo della sua sigaretta, dalle pagine che si sgranano sotto la sua grafia (e, questa volta, si concretizzano in immagini che vanno a saldarsi senza soluzione di continuità con la sua vita), da storie d’amore vissute ma non inseguite, volute ma non concretizzate, sfuggite, perdute, sognate, dimenticate. Ma la memoria, soprattutto la memoria dell’amore, non perde nulla; se mai occulta, inscatola, mette via, in qualche deposito sommerso, pronto a scoperchiarsi a un volto intravisto, una musica sentita, un profumo, uno sguardo, una voce, una frase buttata là quasi per caso sulla carta. Qualcosa sfarfalla alla coda dell’occhio, i suoi personaggi inventati ripartono per il 2046, e Cho Mo-wan ritrova o rimpiange i gesti di una donna, Gong Li, Zhang Ziyi, Faye Wong (non Maggie Cheung, non la compagna dell’altra storia, che compare solo in una fulminea, amichevole partecipazione, quasi un déjà vu appena suggerito che va a saldarsi con il continuum “psichico” del film). Fatto di movimento sinuoso, di particolari ravvicinati, di gambe, mani, capelli e sguardi femminili, e scandito da una colonna musicale “cosmopolita” che accentua l’effetto onirico dell’insieme (il “tormentone” questa volta è Siboney in diverse interpretazioni, mentre il tema di Finalmente domenica! di Truffaut, tra tante accorate figure di donna, non è certamente inserito a caso), 2046 è un film più da “sentire” che da seguire, più da “vivere” (o rivivere) che da interpretare. Non un film per i patiti delle connessioni logiche o del plot, né per gli iper-razionali, per gli esegeti della purezza o per quelli che pretendono da un autore ogni volta un capolavoro. In the Mood for Love era certamente più bello, più perfetto: ma Cho Mo-wan ha lasciato i suoi segreti e suoi ricordi nella fessura della pietra sbrecciata di un tempio; ci ha lasciato la vecchia Hong Kong e la vecchia Cina; quello che ne è sfuggito torna confusamente a protendersi verso il futuro, nel 2046.

 

Recensione pubblicata su FilmTV numero 45 del 2004

Autore: Emanuela Martini

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