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La cinese

Regia di Jean-Luc Godard vedi scheda film

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alan smithee

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La recensione su La cinese

di alan smithee
8 stelle

"IL MIO GODARD": dopo la visione de Le Rédoutable di Michael Hazanavicius, in Concorso a Cannes 2017, il peccato tutt'altro che veniale di non aver ancora visto "La cinese" di Jean-Luc Godard - su cui si basano le vicende autobiografiche della coraggiosa ed ironica parziale cinebiografia del gran regista, andava espiato. 

Due mani si incontrano e lasciano intravedere una parete contornata da stucchi, segni distintivi inequivocabili di un appartamento borghese della Parigi di fine anni, '60, proprio alla vigilia delle proteste studentesche.

I genitori di Veronique sono andati in vacanza e la ragazza approfitta della situazione per invitare altri quattro coetanei studenti universitari come lei (una ragazza e tre ragazzi, tra cui il suo fidanzato), per formulare tutti assieme una teoria comune di stampo comunista/filo-maoista, per creare una cellula militante in cui "il faut confronter des idées vagues, avec des images claires".

Questo è il "film nel film" che ne "La cinese" si sta girando, ove in un appartamento reso spoglio dei dettagli borghesi che hanno distrutto il mondo, ormai gli spazi si occupano solo riempiendo gli interstizi del libretto rosso di Mao, ovvero la nuova Bibbia. E mentre Radio Pechino proclama a gran voce "Mio Dio perché mi hai abbandonato?...dandosi come risposta "Perché non esisti", i giovani trascorrono il loro tempo a discettare su massime del tipo "Une minorité à la ligne rivolutionnaire correcte n'est plus une minorité", a decretare la validità del discorso teatrale portato avanti da Strehler in quesgli anni, a rinnegare i propri genitori, che si sono arricchiti dirigendo un Club Med per ricchi annoiati nei paradisi tropicali, o giocando con metafore tipo quella che paragona gli abitanti della Francia del '67 a stoviglie sporche che devono essere necessariamente ripulite ("On doit les rendre propres).

Attraverso quattro "dialoghi" (o capitoli), quattro dei cinque giovani si raccontano dinanzi alla telecamera, a partire dall'unica popolana del gruppo, che scandisce il ricordo delle ore di lavoro a cui era solita dedicarsi al paese, senza omettere il particolare che la sera spesso era solita prostituirsi per integrare le proprie magre entrate.

Una lavagna finisce per diventare il manifesto per proclami e programmi teorici sul concentto di perfetto comunista.

I cinque addirittura arrivano ad invitare un loro amico di colore che tiene loro una lezione-riflessione sul destino del comunismo alla morte di Stalin, e di come le redini del discorso siano state necessariamente prese da Mao e dal suo nuovo rivoluzionario concettodi idea socialista.

Si parla anche di programmi televisivi e di cinema, introdotti dal titolo "Problèmes d'information pour une television républicaine", ove il discorso finisce poi per deviare sulla necessità di decidere la prevalenza, al cinema, della figura di Lumiere o piuttosto quella di Melies: viene scelto quest'ultimo, in quanto il primo si comporta come un pittore che semplicemente dipinge la realtà senza aggiungervi un messaggio o una provocazione che possa essere in grado dii restituire un immagine reinterpretata ed adattata della realtà: cosa che invece ha inventato ed introdotto al cinema quest'ultimo.

Non mancano i momenti onirici, quando la riflessione se spingere la cellula ad appoggiare l'azione criminale per far valere il suo programma, vede la prima defezione di uno dei suoi membri, ovvero del ragazzo biondo nerd più defilato e moderato, mentre immagini stilizzate e "da appartamento" di guerra e sangue, di trincee fatte col libro rosso di Mao e la ragazza proletaria che spara, pervadono lo schermo in un delirio di colori e suoni, tra sangue rosso che cosparge il viso della donna e le grida delle mitragliate e degli spari mimati a voce.

Godard anticipa o prepara il terreno a quelli che saranno di li a poco i movimenti popolari stuidenteschi che infiammeranno la capitale francese e l'Europa, e lo fa con un film militante, ma anche ironico, anzi altamente sarcastico, molto contestato all'epoca, ma che comunque gli valse il Leone D'Argento al Festival di Venezia, in cui le scritte coloratissime ed i proclami (persino e coerentemente in lingua cinese, nel lato destro dello schermo) invadono l'azione spesso delirante a scopo unicamente provocatorio.

"Gli imperialisti sono ancora vivi: continuano a governare a loro libero arbitrio in Asia, Africa e America Latina.. E in Occidente opprimono ancora le masse popolari nei loro rispettivi paesi".

La mossa pratica: chiudere tutte le università come sta succedendo in quel momento in Cina...perchè in fondo "tous les chemins mènent a Pékin".

Peccato che intanto l'estate sia giuta alla fine, e l'appartamento vada riportato in ordine, evacuato, ripulito dei drappi rossi e di tutto l'eccentrico tappezzamento ove ognuno dei cinque ha cotribuito ad esprimere il proprio pensiero e il proprio programma d'azione, ed ognuno dei membri, specie quelli borghesi, alla cui teoria non corrisponde certo la pratica quotidiana, finiscano inesorabilmente per tornare ognuno presso la propria bambagia.

Tra gli attori si distinguono naturalmente Jean Pierre Leaud e la bella Anne Wiazemsky, all'epoca del film compagna del regista, nota per essere stata la protagonista-ragazzina de Au hasard Balthazar di Robert Bresson.

 

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