Espandi menu
cerca
Fino all'ultimo respiro

Regia di Jean-Luc Godard vedi scheda film

Recensioni

L'autore

Utente rimosso (signor joshua)

Utente rimosso (signor joshua)

Iscritto dal 30 novembre -0001 Vai al suo profilo
  • Seguaci 3
  • Post -
  • Recensioni 501
  • Playlist 1
Mandagli un messaggio
Messaggio inviato!
Messaggio inviato!
chiudi
Questo testo contiene anticipazioni sulla trama.

La recensione su Fino all'ultimo respiro

di Utente rimosso (signor joshua)
10 stelle

“Se dovessi scegliere tra il dolore e il nulla, sceglierei il dolore.” C'è sempre (o quasi) qualcuno che ha detto qualcosa di giusto prima di noi, qualcuno che ha incarnato il nostro pensiero con parole sue e ci ha fatto piangere perché ha portato avanti questa parte di noi, inconsapevolmente certo, ma lo ha comunque fatto, forse non con le sue parole, ma con il suo modo di vivere; forse, addirittura, con il suo modo di morire. È qui, in questo campo da gioco figurato, fatto di idee, di parole e di sensazioni, che si riconoscono gli eroi, e sono questi, tutti coloro che non riescono ad accontentarsi di ciò che hanno, solo quando riescono a creare un mondo ideale per coloro che amano veramente, a qualunque costo; e chi dice che questi debbano per forza avere la coscienza pulita? Michel è condannato, da una società sovrastata dalla borghesia, ad essere un reietto, un uomo che è costretto a stare al di fuori di tutto per poter sperare in un barlume di soddisfazione dalla vita di tutti i giorni; è un Don Giovanni che ha una donna a sera, un uomo che tradisce la moglie restando con la coscienza pulita (anche lei è una sua nemica), uno spaccone che campa di auto di lusso, di puttane e di eccessi, un poeta rivoluzionario che non sa scrivere con l'inchiostro ma con lo scorrere dei giorni, e con il proseguimento della sua vita fuori dal coro. È una brava persona? No, ma in una società del genere, il crimine viene deciso dai criminali, ed i criminali e gli eroi sono spesso la medesima persona, anche quando questi, effettivamente, sono dei poco di buono, esattamente come nel caso di Michel. In questa vita travagliata e spaventosamente lontana dal senso comune, tutto tracolla con l'omicidio di un poliziotto, un messaggero del potere borghese, un uomo pagato per ristabilire l'ordine, ma che invece sfrutta il suo potere per distruggere ciò che supera quello che lui ritiene utile a se stesso. Certo, ma si parla sempre di un omicidio, compiuto, per altro, di proposito, ed è questo che fa capire, che in una simile giungla di confusione sociologica, se non si è borghesi, si è criminali, e se si è borghesi, si è sfruttatori dei criminali. Ma tutto questo non ha più importanza, l'unico motivo per cui il poliziotto è morto, è perché Michel, doveva raggiungere a tutti i costi da Patricia: è stata una vittima sacrificabile? No, si, forse; diciamo che dipende da se il gioco vale la candela, e questo non è affatto facile da giudicare. Perché fondamentalmente, non è importante chi muore o chi finisce in prigione, ma quello che sarà la conseguenza morale (ma anche immorale) che i sopravvisuti potranno ricavare da tutto questo. Se Patricia denuncia Michel, consegnandolo alla polizia, e guardandolo morire sull'asfalto rovente, è proprio perché ha scelto il dolore: il dolore di una vita senza Michel, in cambio della consapevolezza di poter sopravvivere a tutto questo, da un lato con la coscienza pulita, dall'altro con quei piccoli rimorsi criminosi che fanno luce sul lato oscuro di noi stessi, consentendoci di utilizzarlo per vivere il resto dei nostri giorni nel migliore dei modi. Questo, anche se Michel, alla fine, le da sarcasticamente della schifosa: si, perché forse, è proprio questo che rende il suo essere fuori dagli schemi, qualcosa di davvero indispensabile per la sua società, la morte del suo amore, ha salvato ed accresciuto quello di Patricia per tutto il resto, ed i protagonisti di questa tragica vicenda, si ritrovano ad essere eroi di un destino macabro, che ridà luce e speranza a coloro che non la vedevano da anni. Il corpo uccide e viene ucciso, la mente trasmigra la sua esperienza in quella di chi sopravvive, lo spirito guida gli esseri umani verso una nuova meta, e gli obbiettivi di una vita, diventano i luoghi di partenza per le vite successive di chi viene dopo di noi, e di chi ha accompagnato il nostro percorso. Insomma, Fino all'ultimo respiro è un labirinto infinito, in cui la mente rischia di annegare, dove possono essere trovati migliaia di interpretazioni possibili, dove una vicenda da noir classico viene traslata in un manifesto attivo ed appassionato della Nouvelle Vague (i cui elementi sono tutti presenti e riconoscibili), che si impegna ad erigere un monumento di se stessa, e a dettare le leggi di un nuovo modo di girare film, ancora da perfezionare, certamente, ma che già stupisce ed ammalia. E poi, c'è un Truffaut in piena forma che scrive, ed un Godard al suo esordio, il risultato? Una folgorante storia di amore impossibile, di morte inevitabile e di sacrificio, un'analisi psicologica delle componenti di un sentimento che sta alla base della nostra umanità, ritratto per la prima volta con canoni che sono contemporaneamente cinici e speranzosi, un mastodontico ossimoro sulla potenza del singolo uomo nei confronti di un'istituzione e sull'irrevocabilità delle conseguenze delle nostre azioni, nonché, la prima trionfale apparizione sullo schermo di Jean-Paul Belmondo. Fino all'ultimo respiro, per quanto possa risultare incredibilmente criptico ed incomprensibile, è un capolavoro assoluto del cinema francese, ed uno dei più importanti risultati artistici del periodo.

Ti è stata utile questa recensione? Utile per Per te?

Commenta

Avatar utente

Per poter commentare occorre aver fatto login.
Se non sei ancora iscritto Registrati