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Fino all'ultimo respiro

Regia di Jean-Luc Godard vedi scheda film

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La recensione su Fino all'ultimo respiro

di ZioMaro
8 stelle

Primo lungometraggio di Godard, e nuovo cinema fu.
Più che un racconto, "À bout de souffle" è una riflessione, quasi una lezione di cinema nuovo, che inaugura il filone dei "film-saggio" tipici del regista. Per Godard il fare cinema è primariamente fare critica cinematografica e ragionare sul linguaggio "cinema", cosa che inevitabilmente implica una determinata visione del mondo e quindi uno "sguardo morale" (e in film successivi più spiccatamente politico) per mezzo della macchina da presa, sulla realtà. Anche se il discorso di "À bout de souffle" riguarda ancora principalmente il piano cinematografico, il nuovo stile di Godard già definisce una determinata "filosofia" dell'autore.
Prima di tutto, infrangendo le regole del cinema classico. Solo la durata “aurea” dei 90 minuti sembra essere il legame col passato. Poi equivoci da raccordi fra inquadrature consapevolmente sbagliati (per esempio, vedere la scena della sparatoria al poliziotto), con la conseguenza di una narrazione altrettanto volutamente sconnessa; musica non più significativa, non più presente in funzione di scene particolarmente emozionanti, ma quasi casuale, libera… Ma soprattutto, contro il grandissimo tabù del cinema classico e regolare, Michel Poiccard si rivolge alla macchina da presa e parla direttamente al pubblico. Lo sguardo in camera rivela la presenza della mdp che riprende, rivolgersi ad essa significa smascherare l’artificio del cinema, demistificare l’illusione di realtà che il cinema si propone di dare allo spettatore: per questo esisteva il severissimo divieto del cinema tradizionale.
Svelata la finzione che sta alla base del fare cinema, il nuovo cinema di Godard si propone come visione quanto più vicina al “vero” reale, attraverso la presa diretta della realtà: la cinepresa si ritrova a riprendere persone, fatti, luoghi del quotidiano (non a caso, un modello assoluto per gli esponenti della Nouvelle Vague rimarrà sempre il neorealismo italiano, in particolare Rossellini). E se la caratteristica del quotidiano è la casualità, tale sarà il linguaggio del nuovo cinema di Godard. L’avvenimento accidentale basa la realtà; il cinema nuovo, che di questa realtà vuole farsi assoluta espressione, assume tale cifra stilistica.
Più che la storia di un “amour fou” (che c’è, ed è anche tanto bella), dunque, “À bout de souffle” è un vero e proprio saggio di teoria cinematografica, assolutamente geniale, di un autore tuttaltro che incompetente (come forse poteva apparire a qualche contemporaneo), ma anzi, profondamente consapevole.
Pietra miliare.

Su Jean Seberg

Bella e brava, è protagonista assieme a Belmondo di scene indimenticabili, entrate nel mito e citatissime ("New York Herald Tribune!" per citarne una)

Su Jean-Paul Belmondo

Questo film lo lanciò definitivamente. Con il suo fare impertinente a imitare i miti del cinema qui è più che adeguato.

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