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The Aviator

Regia di Martin Scorsese vedi scheda film

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La recensione su The Aviator

di FilmTv Rivista
6 stelle

Dalle acrobatiche ricostruzioni delle sequenze aeree di Gli angeli dell’inferno al caos lussureggiante delle première hollywoodiane e delle lunghe notti al Coconut Grove; dal colore desaturato del cinema anni ’30 alla sfacciataggine del technicolor dei tardi anni ’40; dal piglio secco delle udienze governative contro Howard Hughes al fuoco e al gelo che si susseguono nell’inferno privato del miliardario. The Aviator di Martin Scorsese ci trascina attraverso venti e più anni della mirabile invenzione alla quale Hughes contribuì (più come produttore che come regista), rinnovandosi costantemente nello stile delle riprese, nelle tonalità cromatiche, persino nell’impostazione della recitazione. Ci sono dentro, non solo Katharine Hepburn, Ava Gardner, Errol Flynn, Jean Harlow, Louis B. Mayer e naturalmente lui, Hughes (un Leonardo DiCaprio che meriterebbe davvero l’Oscar), ma anche la commedia sofisticata e George Cukor, l’overlapping dialogue e Howard Hawks, il noir e Jacques Tourneur, la profondità di campo e Orson Welles, il mélo e Vincente Minnelli (per citare solo i riferimenti più visibili, la partita a golf, i battibecchi al ristorante e il volo notturno con la Hepburn, le ombre che si addensano sulle inquadrature nella parte centrale del film, l’autodifesa e il gigantismo di Hughes, l’apertura e la chiusura del film, che riportano immediatamente alla memoria il “Rosebud” wellesiano). In pratica, attraverso la storia di Howard Hughes e delle sue due passioni (gli aerei e il cinema), delle sue sfide ininterrotte e dei suoi amori troncati, delle sue ossessioni e delle sue fobie (i germi, il contagio), Scorsese tratteggia uno straordinario percorso in una delle sue personali ossessioni, quella che probabilmente gli ha salvato la vita, il cinema (americano classico). Un atto d’amore e di strabiliante perizia tecnica; talmente tanta che il gelo della ricostruzione filologica spegne le fiamme delle passioni. A differenza di qualsiasi altro film di Scorsese (anche su commissione, come Il colore dei soldi, anche in parte sbagliato e rimaneggiato, come Gangs of New York), The Aviator non ha cuore, non ha dolore. Ha una stringente e inattaccabile logica scorsesiana (l’inevitabile crollo dell’individuo davanti al sistema) e una regia mirabile. Ma l’energia nervosa su cui si costruisce e che trasmette, l’adrenalina che divora la vita di Hughes, sono del tutto cerebrali, non riecheggiano nella pancia e nell’anima. E dall’autore più fiammeggiante del cinema contemporaneo vogliamo di più, vogliamo che attraverso gli occhi ci penetri nella pelle.

 

Recensione pubblicata su FilmTV numero 5 del 2005

Autore: Emanuela Martini

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