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The Aviator

Regia di Martin Scorsese vedi scheda film

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La recensione su The Aviator

di LorCio
6 stelle

Martin voleva l’Oscar. Benché lo meritasse, nessuno si era mai degnato di assegnarglielo. Aveva diretto Taxi Driver, Quei bravi ragazzi, Toro Scatenato, L’età dell’innocenza, Casinò: se non a lui, a chi? Disperato più per una questione di principio che per la gratifica in sé, accetta il progetto dell’amico DiCaprio, anche lui voglioso di statuetta: la spericolata vita di Howard Hughes, anche perché le biografie garbano tanto all’Academy. Vinse Clint Eastwood con il rigore di Million Dollar Baby.

 

Insomma, The Aviator non nasce da qualche esigenza particolare, ma solo dal bisogno impellente dei due di veder consacrato il loro talento. È un fumettone rutilante, realizzato benissimo, con una calibrazione cromatica, una scelta formalistica, un impianto drammaturgico fin troppo perfetti. Congeniato con estrema raffinatezza, qua e là rischia di essere bollato come una pacchianata per come rappresenta senza interpretare. C’è il fumo degli anni verdi, lo sfarzo cafone della Nuova-Vecchia Hollywood, l’aria giusta, troppo giusta.

 

Non c’è divertimento in The Aviator, ma solo due certezze: che il film è oggettivamente bellissimo (merito anche delle scene di Dante Ferretti e Francesca Lo Schiavo, loro sì premiati con l’Oscar dopo svariati tentativi andati a vuoto) e che è scontato, risaputo, superfluo. Districato attraverso varie epoche, può piacere – anzi: piacerà – a chi ha amato i reperti sempreverdi della vecchia Hollywood – anche perché il film di Scorsese porta in dote l’aurea insolita del classico post-moderno – e non piacerà a chi cerca l’indagine psicologica accurata e non superficiale – troppe pecche in sede di sceneggiatura.

 

Un film omaggio, autoreferenziale e adorabile, in cui sfilano figurine antiche e affascinanti (specie la Katherine Hepburn della splendida Cate Blanchett, ma anche il senatore Brewster di Alan Alda, mentre Jude Law gigioneggia come Errol Flynn e Gwen Stefani rappresenta senza immedesimarsi in Jean Harlow), dominato dalla prestazione encomiabile di un Leonardo DiCaprio appassionato e viscerale. Una vintage colonna sonora suggerisce molta nostalgia. Zero pathos.

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