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I ragazzi di via Panisperna

Regia di Gianni Amelio vedi scheda film

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La recensione su I ragazzi di via Panisperna

di maurizio73
6 stelle

Sulla scorta di una narrazione romanzata che recupera il mito eroico di una fondazione scientifica (anti)fascista alla fine del ventennio, il regista calabrese alterna alla cronistoria delle ricerche sperimentali che resero famosi i ragazzi di via Panisperna, le fantasiose congetture sulla figura di Majorana e sulla sua scomparsa.

Riuniti attorno alla carismatica figura di Enrico Fermi, un gruppo di giovani scienziati pone le basi per la prima e fondamentale scuola di fisica atomica italiana verso la fine degli anni '30. Tra tutti, il geniale fisico catanese Ettore Majorana instaura con il suo mentore un controverso rapporto umano e professionale che lo porterà ad importanti scoperte teoriche ma anche al tragico epilogo di una misteriosa scomparsa su cui non verrà mai fatta piena luce.

 

 

Fascismo, fisica atomica e fantasmi edipici 

 

Da un soggetto di Gianni Amelio e Vincenzo Cerami, ma anche sulla scorta di una narrazione romanzata che recupera il mito eroico di una fondazione scientifica (anti)fascista alla fine del ventennio, il regista calabrese alterna alla cronistoria delle ricerche sperimentali che resero famosi i ragazzi di via Panisperna, le fantasiose congetture che sulla figura di Majorana hanno contribuito ad alimentare tanto il reale mistero di una personalità geniale ma introversa quanto le speculazioni letterarie che il suo conterraneo Leonardo Sciascia ne fece in un famigerato libro inchiesta sul finire degli anni '70. Frutto di una accurata ricostruzione d'ambiente che si avvale dei pregevoli contributi scenografici di Franco Velchi e delle musiche originali di Riz Ortolani, è una produzione che si inserisce nella solida tradizione dello sceneggiato televisivo italiano, pur rimanendo entro i canoni di una qualità cinematografica che gli accorgimenti del montaggio (trasmesso in due puntate di 90 minuti ciscuno) e la qualità degli interpreti riescono a preservare dall'usura del tempo e dei mutamenti del gusto, restituendoci il clima di un'epoca attraversata dalle contraddizioni tra una politica di forte repressione sociale ma anche di grandi slanci intellettuali in grado di sviluppare con mezzi rudimentali i fondamenti di uno sperimentalismo scientifico che va dai neutroni lenti di Enrico Fermi che precedettero le Leggi razziali del '38 ai mesotroni di Conversi, Pancini e Piccioni sotto i bombardamenti americani di San Lorenzo del luglio '43.

 

 

 

 

 

 

Diviso nelle due parti che segnano da un lato l'ambientazione romana e l'incontro-scontro tra Fermi e Majorana e quella siciliana di una crisi di coscienza e di un ritorno alle origini, il racconto calca un po' troppo la mano sulle fantasie di una pecognizione nucleare di là da venire (dalla scoperta del neutrone nel nucleo e della natura del neutrino fino alle alla fissione controllata ci sta di mezzo un lustro e...il mare Atlantico) e su quelle di un rapporto edipico che scimmiottano Freud, proponendo azzardata chiave di lettura sulle idiosincrasie di un genio elusivo e incompreso che ha scelto di abbandonare le scene con un coupe de theatre mai tanto adatto ad alimentarne il mito nei decenni a seguire. Non ostante queste ingenuità e qualche boutade di troppo (lo scherzo a Marconi, la figura macchiettistica di Corbino, la paternale di Lord Rutherford) è un film che ricostruisce con indubbio gusto il senso del tempo, chiudendosi in maniera emblematica sulla vera diaspora dei nostri primi cervelli in fuga da un paese in cui come in nessun altro ...Nemo Profeta in Patria. Bravo ma troppo bello per rappresentare il cline siculo e l'esile complessione del genio catanese Andrea Prodan e classico physique du role per Ennio Fantastichini nella parte di uno stempiato e volitivo Enrico Fermi. Ciak d'oro 1989 per il montaggio a Roberto Perpignani  e per i migliori costumi a Lina Nerli Taviani.

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