Regia di Carl Theodor Dreyer vedi scheda film
“Ora posso morire sereno, perché ho conosciuto un grande amore”, è la frase che ricorre all’inizio e alla fine: ciò che lo spettatore non comprende subito è a quale amore essa si riferisca. All’inizio è un triangolo quasi tradizionale: un celebre pittore, il suo modello-allievo-figlio adottivo (che sia qualcosa di più il film lo lascia solo intuire) e una bella aristocratica russa spiantata. Quando la terza chiede al primo di ritrarla, la storia sembra evolversi: un accenno di rivalità fra gli uomini per ottenere le attenzioni di lei, un accenno di gelosia fra i giovani per ottenere spazio al fianco del pittore. Poi le cose vanno come la natura vuole: si stringe un’alleanza amorosa fra i giovani, che esclude il vecchio e lo isola fino a ridurlo come il Giobbe del suo ultimo capolavoro (“un uomo che ha perso tutto”). Ma in fondo la frase citata starebbe bene anche in bocca al protagonista della sottotrama parallela, che ama una donna sposata e viene ucciso in duello da suo marito. Un elogio della forza dell’amore, dunque, che non viene neanche scalfita dell’indifferenza narcisistica dei giovani. Peccato solo per il ritmo tremendamente lento, un difetto comune ai film muti di Dreyer: Gertrud dice più o meno le stesse cose, ma lo fa con più pathos.
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