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Closer

Regia di Mike Nichols vedi scheda film

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La recensione su Closer

di FilmTv Rivista
8 stelle

La passione è un dilemma di pelle, tra estranei. È una scommessa tra “stranieri” che si imbattono l’uno nell’altro e che sembrano aspettarsi da sempre e da mai. Sul ciglio di un marciapiede affollato di una Londra dove le automobili ti investono da destra. Davanti alla vasca dei pesci di un acquario dove si va per abitudine o per un falso appuntamento preso su internet. La passione è un accidente, un regalo della sorte e un contrappasso del desiderio. È una conoscenza carnale caduca, egocentrica e dolorosa. Fraintesa dall’involucro, dal guscio, dalla pellicola, dalla cute delle parole. Il sesso nel cinema, quando non è pornografia esplicita, il più delle volte si sfoga, pulsa, si esprime, si debilita, si appaga nei discorsi. È la pelle dei pensieri e delle parole a essere inquadrata, a essere montata, a essere stressata, a essere figura e forma della messa in scena. Le parole sono fatte per nascondere e non spogliano l’intimità. Alice (Portman), Anna (Roberts), Dan (Law) e Larry (Owen) formano un quartetto scoordinato, un rombo irregolare e infelice. Ognuno declina un lessico amoroso solitario e isolato, ognuno ha i suoi tempi, le sue fughe e i suoi “attacchi”, le sue chiavi e il suo pentagramma emotivo: la colonna sonora del film raddoppia e contrappunta l’orchestrazione sentimentale. La pièce teatrale di Patrick Marber (è anche l’autore della sceneggiatura) sviluppa un flusso verbale vigoroso e pieno di strappi, con rancori e fallimenti, gelosie estreme e incantamenti improvvisi altrettanto esasperati. Il tempo lungo della conquista e della perdita, della felicità e dell’abbandono scorre lontano dal racconto, passa tra un quadro e l’altro, tra una sequenza e quella successiva. Il sesso e l’amore non esistono senza il fuoricampo. Mike Nichols (è tra i pochi in grado di rappresentare il corpo dei sostantivi, degli aggettivi e dei verbi delle emozioni amorose al di fuori delle convenzioni, vecchie e nuove, dei melodrammi) stringe e inchioda, con la macchina da presa, i suoi quattro attori in quella che è una successione sincopata di climax narrativi. Le discese ardite e le risalite di Alice, la cameriera spogliarellista, Anna, la fotografa, Larry, il dermatologo, Dan, il redattore della pagina dei necrologi con velleità letterarie. Eccellenti la Portman e Owen, gli unici due alle prese con personaggi che sanno davvero, per mestiere, che cosa sia la pelle, meno incisivi sia Law, che si tiene a distanza di sicurezza dal suo personaggio, sia la Roberts che spegne la sua naturale luminosità. È obbligatorio vedere il film in lingua originale.

 

Recensione pubblicata su FilmTV numero 51 del 2004

Autore: Enrico Magrelli

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