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Ferro 3. La casa vuota

Regia di Kim Ki-duk vedi scheda film

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Questo testo contiene anticipazioni sulla trama.

La recensione su Ferro 3. La casa vuota

di axe
7 stelle

Tae-Suk è un ragazzo che vive occupando case mentre i proprietari sono via, prendendosi cura di esse e spostandosi dall'una all'altra con una moto di grossa cilindrata. Insediandosi in una ricca abitazione, non si accorge della presenza all'interno della giovane Sun-Hwa, una donna da lungo tempo oggetto di violenza da parte del marito, al momento assente per un viaggio d'affari. Ella si rivela al protagonista; poco dopo il marito, Myn-Kyu, torna a casa ed inizia a maltrattare la donna. Tae-Suk, mostrandosi, lo interrompe; poi lo colpisce con palline da golf scagliate con forza tramite la mazza denominata "ferro 3", infine si allontana insieme a Sun-Hwa. I due conducono per breve tempo vita errabonda ma felice, finchè vengono arrestati ed erroneamente ritenuti autori di un omicidio. Tae-Suk finisce in prigione, mentre Sun-Hwa è costretta a tornare da Myn-Kyu, il quale nutre propositi di vendetta contro il ragazzo. Ho visto questo film incuriosito dalle informazioni apprese sul regista Kim Ki-Duk, morto per covid mentre si trovava lontano dalla madrepatria, una Corea Del Sud della quale l'autore ci restituisce un'immagine fosca, pessimista. Ambienti interni ed esterni trasmettono una tensione alla perfezione formale e contemporaneamente una fredda impersonalità; i cittadini appaiono soli, tristi, incapaci di comunicare. In questo "deserto", sboccia metaforicamente un fiore. E' l'amore tra Tae-Suk e Sun-Hwa; due solitudini s'incontrano e si annullano, oltre le convenzioni e le parole. I due protagonisti non parlano tra loro, non ve n'è bisogno. Tae-Suk è muto, o, probabilmente, non sente necessità di comunicare, benchè gli gioverebbe nel momento in cui si trova nelle mani della giustizia, rappresentata da una polizia dai metodi brutali, che immagino sia un retaggio degli anni della dittatura. Sun-Hwa, infelice a causa dei costanti maltrattamenti che riceve dal marito, comunica il meno possibile. La donna è chiusa a riccio nei confronti di Myn-Kyu; questa è la sua unica ed impenetrabile forma di difesa contro un uomo che può possederne il corpo, ma mai l'anima o il sentimento, nonostante le blandizie e le minacce. Tanto è "invisibile" alla donna, da cadere senza esitazione nell'equivoco per il quale ella gli sembra aprirle finalmente il cuore; i sorrisi, le rare e dolci parole, i gesti gentili non sono, però, per lui. Nella grande casa è tornato Tae-Suk, dopo aver trascorso il tempo in prigione ad allenarsi nella difficilissima arte di tenersi silenziosamente fuori dal campo visivo delle persone. Alcune sequenze, la gestualità e le movenze degli attori, la colonna sonora sono in grado di emozionare lo spettatore, conferendo ulteriore valore ad un'opera che lascia trasparire con chiarezza l'opinione del regista sul suo popolo e la sua nazione. Ritengo pertanto di poter assegnare un giudizio positivo, pur immaginando che per un miglior apprezzamento del film sia necessario essere originari della Corea Del Sud, o, quanto meno, profondi conoscitori della sua cultura.

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