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La figlia di Ryan

Regia di David Lean vedi scheda film

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Lehava

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Questo testo contiene anticipazioni sulla trama.

La recensione su La figlia di Ryan

di Lehava
9 stelle

"Non può essere tutto qui!"

Le parole vengono fuori veloci, accorate. E Rosy non sa se urlarle a squarciagola, come una liberazione, o sussurrarle, come una confessione di un peccato inconfessabile che Dio e gli uomini, in quella terra tragica e meravigliosa, in quel cielo sconosciuto e lontano, non le perdoneranno. "Sì. E' tutto qui, che ci dovrebbe mai essere?" La risposta di padre Collins è dura, quasi arrabbiata e sottintende altro, un moto di stizza e di rimprovero. E' allora che Rosy non trattiene le lacrime: "Ma che ne so? Io non lo so proprio, cosa possa esserci d'altro, ma qualcosa dev'esserci pure!" ora i singhiozzi non si fermano più, e che potrà mai fare padre Collins? Pak. Un schiaffo, ecco, le ci vuole uno schiaffo, pak, e Rosy cade in terra ed ingoia le sue paure, i suoi desideri, le sue fantasie e le angoscie. Ecco, ora, sulla spiaggia, è tornato il silenzio dal vociare umano. Restano gli uccelli, ed il fragore delle onde che si fa quasi rombo, ed il vento che soffia incessante e pare che fischi. Laggiù in quell'angolo sperduto di universo, dove la natura si fa passione, travolgente ed incontrollabile. "Non è bene, non è bene! Non far niente è un'attività molto pericolosa" questo era il rimbrotto del prete ad una svagata Rosy che, di tutto punto vestita, continua ad aggirarsi per le colline il cui verde è smorzato, qua e là, dai ciuffi porpora dell'erica e dalle fucsie spinose in fiore. Ma quelle lunghe solitarie passeggiate, che terminano sempre sulla spiaggia assolata, sono la sola consolazione di un cuore in fermento: non che sia un essere dotato di grande cultura! ma pur sempre troppo superiore per poter trovare conforto nell'amicizia di qualche miserabile giovane del villaggio. E' graziosa ed educata Rosy. Certo anche capricciosa: c'è quella faccenda dell'ombrellino che a padre Collins proprio non va giù; ma è così grande colpa se un padre di discreta fortuna vizia la sua unica figlia da troppi anni orfana di madre? Certo Rosy è anche impaziente: con il povero Michael che la adoro, a volte, risulta addirittura ruvida. Mai cattiva però. Non come le altre, in paese. La miseria non ha nulla di glorioso, nè di compassionevole. E' invece volgare, invidiosa, acida ed ignorante. Non perdona il diverso, colui che per scelta o necessità si esilia dalla massa: la povertà crea la massa, ecco! Ma non è un abbraccio comune, per sorreggersi tutti insieme. E' piuttosto un fare a pugni costante: per trovare un proprio piccolo spazio nell'oceano del nulla quotidiano. Non un elevarsi ma un degradare l'altro, per poi spiccare di riflesso. "Principessa" la chiama papà. Ed invero lo è: per la sua bambina non meno del meglio. Ma cosa può essere il meglio qui? Rosy pare sicura: il maestro Charles Shaughnessy. Un uomo di mezza età ma ancora piacente: colto, amante della letteratura e della musica, modesto e di buon cuore. L'uomo migliore del mondo: tanto superiore da rendersi conto della propria inferiorità. Come si può non scegliere l'uomo migliore del mondo? Scegliere: con la testa o con il cuore? E' tutto così confuso. Con chi può confidarsi, una giovane donna che nulla sa della vita se non che essa debba essere vissuta? Una ragazza, arrivata ad una certa età, deve trovare marito. Che altro mai potrebbe fare: questo solo le viene richiesto. Anche se, a dirla tutta, c'è qualcosa in più per lei. Una ragazza, senza marito, non può diventare donna. Rosy sa di non essere ancora una donna: è solo una bambina spaventata, la testa piena di fantasticherie: non anela ricchezza ed onori, non vuole scappare o essere qualcun'altro. Vuole solo diventare se stessa. E il maestro Shaughnessy, ancora vigoroso, uomo sensibile ed innamorato la aiuterà. Tutto cambierà poi. Chissà che lei non acquisisca tutte le certezze che le altre, giù al villaggio, paiono avere. Spudorate e consapevoli esse conoscono il potere del corpo: è l'unica arma che abbiano e la usano, per colpire o per difendersi. Tutto cambierà poi, Rosy non dovrà più avere nulla da temere: i pensieri e le emozioni non la tormenteranno più perchè anche lei possiederà quell'arma, ed il mondo se ne renderà conto. Il matrimonio è dunque cosa fatta, un grande avvenimento, veramente! Il vecchio Ryan non bada a spese e come consuetudine tutti sono invitati. Si mangia e si beve a volontà. La sposa è timorosa ma carica di aspettative: non c'è nulla di male, in fondo. Fa parte della nostra natura: lo ha detto anche padre Collins. Sarà l'istinto a dirti cosa fare, piccola: non è mica qualcosa che si spiega o si impara! Rosy è ora stesa nel letto, le coperte tirate fino su fino al collo per un pudore istintivo e comprensibile. Giù il vociare degli invitati si fa sempre più forte. Charles la abbraccia e la bacia, si muove consapevole ma un po' meccanico, fra la stoffa degli indumenti e le lenzuola. Questione di pochi minuti, poi, è finito. "Non può essere tutto qui!" lei si volta sul fianco e si addormenta. La mattina, svegliandosi, si accorge che Rosy è ancora Rosy. Non è cambiato proprio nulla. "Sono cose che con il tempo migliorano" pensa probabilmente lei. Deve averlo sentito da qualche comare. E' una magra consolazione, proprio. Charles le porge dei fiori, la musica si spande per la stanza. "E' il migliore uomo del mondo", e lo è. Ma il sole ha continuato a alzarsi sulle colline laggiù guardando oltre, verso le montagne di Killarney. E tramonta sempre sul mare, che quando sono giornate serene infuoca l'acqua ed il cielo pare di un colore viola come le eriche.

 

E' dunque vero, ineluttabilmente vero: le giornate si susseguono sempre uguali, lente lente. A movimentarle solo qualche eco che arriva dal mondo di fuori: il conflitto infuria in Europa e gli irlandesi, in odio agli inglesi, parteggiano per i tedeschi. Brutta cosa, l'odio. Peggio, se misto all'ignoranza. Non può far del bene, mai. Solo male. Come la miseria. Beh, quella qui a Dingle la conosco a menadito, da sempre. Da secoli di decisioni miopi, da soprusi e svogliatezza, dalla grande carestia e poi l'emigrazione. Ma di guerra, beh di guerra, se vogliamo essere sinceri, questi quattro bifolchi non ci capiscono un tubo e non sanno neppure quanto siano fortunati! Questo pensa il capitano della guarnigione, questo cerca di far capire ai pochi avventori del pub quando, stuzzicandolo, chiedono come sia il fronte: "ti infilano in questa uniforme, tu punti il fucile dove ti dicono e premi il grilletto. E' così fanno i crucchi. E così fareste anche voi". Non c'è altro da dire, e l'orrore è tale che non trova parole, per essere descritto. Nessuno si salva, nessuno è innocente o colpevole, fra quei poveracci che arrancano nelle trincee di fango, e tremano senza più sapere se per il freddo sulle Alpi, o per il caldo giù lungo la Somme, o per la paura, ovunque e comunque. Colpi che volano, corpi senza più potere ammassati, brandelli di esseri umani a volte ancora vivi, il più morti. Il buio. Non ci vuole molto, per capire anche senza sapere. E' questa catastrofe personale e collettiva che Rosy scorge negli occhi del maggiore Doryan: decorato e claudicante, è stato spostato laggiù per guarire da quella misteriosa sindrome che colpisce tanti soldati, di qualsiasi schieramento. I posteri le daranno un nome: shellshock. Palpitazioni, tremori, paralisi, incubi, insonnia, perdita quasi totale della parola, nei casi più lievi depressione nei peggiori pazzia. E' un bel giovane, quel Doryan. Forse ha moglie in Inghilterra, figli. Forse è anche stato felice, ha avuto amici, ha riso e si è arrabbiato, ha conosciuto donne. Sa cos'è l'amore? Quella parola che Rosy aveva pronunciato una volta soltato, timidamente consapevole di non conoscerne il significato. Ma esiste un significato per l'amore? Come lo si fa a riconoscere? Ecco, forse "è tutto qui": non siamo noi a riconoscerlo, ma lui a riconoscere noi. Uno sguardo e tutti i discorsi del mondo, tutti i ragionamenti e le analisi, l'universo dei dubbi e delle possibilità, perfino i divieti della morale personale, religiosa, sociale, crollano. I dettagli che ne seguono sono solo dettagli, e sì la risposta a ovvia: "è tutto qui". In una camicetta rossa, un sottobosco fiorito, un abbraccio nel silenzio, una fuga sulla spiaggia. Anche l'attrazione e poi il piacere non sono che dettagli: nel tutto dell'amore: quando c'è. Nel nulla del nulla, senza. I contemporanei si chiederanno: quale più forte, l'amore di Rosy per Doryan, cavaliere senza più nessun codice? O quello di Doryan per Rosy, che è bastata una mano tesa alla sua fragilità? O quello di Charles per Rosy: paziente e generoso? O forse, solo forse, quello di Rosy per Charles: alla fine, quando tutto è perduto: che magari l'amore c'è proprio quando si è convinti non ci sia più? O non ci sia mai stato? Domande vane, la risposta si sa "è tutto qui": siamo ombre come orme sulla sabbia che le onde cancelleranno.

 

 

Una storia d'altri tempi, questa de "La figlia di Ryan". Sono certa sarebbe piaciuto leggerla anche a Rosy: non bisogna lesinare sulle parole, quando si ha lo spazio per metterle. Come le immagini che si susseguono sullo schermo: lente. Nessun risparmio sui minuti, questo è certo! Quando si hanno davanti ore, giorni, decenni, una vita. Una storia d'altri, questa de "La figlia di Ryan": tempi pieni di passione politica ed ignoranza: il connubio scatena la tempesta: cieca e furiosa. Le onde si infrangono tremende sullo scoglio più proteso, verso e oltre il confine. Quello per primo, e forse unico, sarà battuto perchè troppo esposto ai venti. Una storia d'altri tempi questa de "La figlia di Ryan": dove il romanticismo sta tutto nella impossibilità lacerante. L'impossibilità dell'amore come delirio e sublimazione. Una storia d'altri tempi questa de "La figlia di Ryan": quando la colpa non ammetteva giustificazione o redenzione. O forse, solo un dubbio, solo un dubbio sì: carità.

 

Una storia d'altri tempi, questa de "La figlia di Ryan": ecco perché noi contemporai abbiamo difficoltà a capirla. Ed amarla.

 

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