Regia di Joel Coen vedi scheda film
Scorre facile il sangue in un contesto dove tutto lo evoca, i fratelli Coen entrano dall'ingresso principale nel cinema per cominciare a raccontare il loro mondo. Marty marito sospettoso, Abby moglie infedele, Ray l'amante e dipendente nel bar di Marty, personaggi che ruotano intorno a una rappresentazione ambientale formidabile, a scenografie e dettagli curati che lasciano tracce, rimandi da attaccare alla storia dove ristagnano inganno, stupidità, dubbi, meschinità umana. Al di sopra, o meglio ben dentro questo mondo, c'è la figura di Visser, l'investigatore privato incaricato di svelare gli altarini della donna, simbolo spietato e sintesi della (non troppo) nuova società americana che incarna però come un autentico cowboy, il suo personalissimo e individuale metro di valori con cui rapportarsi. I Coen mischiano humour e tensione, ironia e ferocia, commedia e noir, la vicenda alterna tempi differenziati in cui si cristallizza l'azione per esplodere in accelerazioni brucianti, in sequenze coinvolgenti e godibili. Il racconto si snoda attraverso carrellate lunghe e studiate, inquadrature intense sui volti e sugli oggetti che a loro volta acquistano una dimensione di primissimo piano. Un pò Hitchcock, un pò DePalma ma con tempi più dilatati, i Coen offrono in atmosfere notturne e oscure dialoghi scarni a favore di un buon livello di suspance. Su tutti emerge come detto il detective che materializza la perdita dei valori sociali e della coesione civile fra esseri umani, dominati ormai solo da pulsioni individualiste. Un apprezzamento speciale va alla scena finale dove addirittura la regia sicura del fatto suo, riesce a dividere metafisicamente con due inquadrature una parte del corpo dell'investigatore, come se la sua presenza malvagia possedesse la forza di esistere nella vita e nella morte con uguale fisicità, come se il sangue scorresse facile fra le vicende umane materiali e fra quelle spirituali della mente.
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