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La sposa turca

Regia di Fatih Akin vedi scheda film

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La recensione su La sposa turca

di degoffro
6 stelle

"La sposa turca" è un film dalle due anime. La prima parte è una commedia etnica matrimoniale goliardica, brillante, spesso spiritosa, leggermente piccante, ma tutt'altro che originale. Quando i due sballati protagonisti, sposi per convenienza, scoprono di amarsi per davvero, irrompe il melodramma passionale e travolgente, ossessivo e rabbioso, doloroso ed avvolgente, "come sarebbe piaciuto a Fassbinder", così ha scritto la stragrande maggioranza della critica. Il tutto intervallato da un coro di musicanti posizionati sul Bosforo, le cui canzoni anticipano e commentano lo sviluppo degli eventi. Il mix, premiato un pò a sorpresa con l'Orso d'Oro al Festival di Berlino del 2004, è senza dubbio curioso, spigliato, accattivante, mai noioso o retorico, nonostante qua e là risulti folcloristico, eccessivo e risaputo. In particolare la descrizione del contesto sociale, umano e anche culturale è puntuale, intelligente, colorata, ma, a conti fatti, nel suo carattere universale, piuttosto consueta e ovvia. La comunità turca trapiantata in Germania, ma non pienamente integrata, anzi ancorata fortemente, quasi ingabbiata, dalle tradizioni ed usanze del paese d'origine. Il tutto ben evidenziato dalla condizione della giovane Sibel, "prigioniera" di una famiglia ultra conservatrice, specie, come spesso accade, da parte maschile, assillante ed invadente, che tarpa le ali della sua libertà e del suo desiderio di andare oltre ai propri rigidi ed un pò antiquati costumi, contro il muro, come recita il titolo originale "Gegen die wand". Emblematica la frase che dice a Cahit, quando cerca di convincerlo a sposarla: "Io voglio vivere, ballare e scopare: e non con un uomo solo!". Non convincono in pieno poi alcune soluzioni narrative adottate dal regista, anche sceneggiatore, soprattutto nella seconda parte del film, quando esplode la follia autodistruttiva di Sibel. Così la violenza cercata e subita dalla ragazza nel vicolo, di notte, a Istanbul, da tre balordi da lei volutamente e ripetutamente provocati, o la sequenza precedente in cui il barista abusa di Sibel, completamente fatta ed ubriaca, abbandonata sul pavimento del locale, suonano come episodi sgradevoli e gratuiti nei loro eccessi. Anche il maledettismo di fondo dei due protagonisti è piuttosto di riporto. Molto riuscito ed intenso invece, pur nella sua prevedibilità, è tutto il finale da quando Cahit esce di prigione e si reca a Istanbul per ritrovare la sua Sibel, "piombata dentro la sua vita" a ridargli "l'allegria, il coraggio di andare avanti". Sibel si è rifatta una vita, è sposata e ha una figlia. Il ritrovarsi per un paio di giorni, il riaffiorare della passione travolgente che non si era mai spenta, la prospettiva di una fuga insieme, il sogno concreto di una vita d'amore finalmente da condividere. Quindi la scelta definitiva, dolorosa, sofferta, inevitabile di Sibel, ben consapevole di preferire un'esistenza magari infelice e convenzionale, come sarebbe piaciuta al padre ed al fratello, ad un futuro incerto e, con ogni probabilità, travagliato. La partenza in pullman, solitaria e rassegnata, di Cahit. Ottima per drammaticità anche la lunga sequenza centrale, senza parole, con il solo commento musicale, che va dall'ennesimo tentativo di suicidio di Sibel, dopo l'arresto del marito, al disconoscimento della figlia da parte del padre che brucia tutte le foto di Sibel, fino all'inseguimento della ragazza da parte del furibondo fratello con Sibel che trova rifugio dal migliore amico di Cahit. E per ironia da segnalare la scena in cui Cahit gioca con il fratello della moglie ed altri amici turchi, ben rivelatrice di una certa, diffusa, ipocrisia. Notevole il gioco attoriale dei due protagonisti, anche se a stamparsi nella memoria è soprattutto la vivida prova di Sibel Kekilli, ex attrice porno, scoperta dal regista in un centro commerciale di Colonia, capace di comunicare con forza e sensualità la sfacciata incoscienza, la dolente esuberanza, la vibrante vitalità e la sofferta fragilità del suo complesso personaggio. Convincente anche il cast di contorno tra cui spiccano i due attori che interpretano la cugina ed il migliore amico dei due protagonisti. Ed è al fraterno amico/finto zio di Cahit che si deve la battuta cruciale del film: "Tu lo sai cos'è l'amore eh? L'amore è come la giostra del luna park. Paghi l'entrata e via, cavalchi, cavalchi, cavalchi. Ti illudi di andare chissà dove e invece stai girando in tondo. E il cavallo è di legno!" Colonna sonora eccellente, regia vivace e calda, felice e ammaliante complice dei personaggi. "La sposa turca" resta un film leggermente sopravvalutato, ma il giovane Fatih Akin ha il talento, l'audacia e la scaltrezza per diventare un autore dal sicuro e radioso avvenire. Curiosità: il fratello di Sibel è interpretato dal fratello del regista, Cem Akin.
Voto: 6/7

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