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Throw Down

Regia di Johnnie To vedi scheda film

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La recensione su Throw Down

di emil
8 stelle

Sze To (Louis Koo) è un ex campione di Judo caduto in disgrazia, che sopravvive gestendo un piccolo locale notturno. La sua esistenza si incrocerà con la giovane Mona (Cherrie Ying) , ex prostituta in cerca della svolta e Tony (Aaron Kwok) , baldo giovanotto fissato per il judo , sempre in cerca di nuovi combattimenti; si mette infatti in testa di sfidare proprio Sze To, che però non ne vuole sapere. Gioco d’azzardo ed alcool lo hanno devastato rendendolo una nullità.

 

“Throw Down”, omaggio dichiarato ad Akira Kurosawa ed al suo lontano esordio cinematografico (“Sugata Sanshiro”, storia di un giovane che impara l’arte di vivere dal Judo) è uno dei film più intimi e difficili da etichettare del maestro To.

Un action che scherza con il melò, vera chiave di lettura per comprendere non solo le dinamiche fra i personaggi, gente comune piagata dalla vita, ma anche e soprattutto per approcciarsi in maniera corretta alla filosofia del judo. “Cadere verso il basso (“Throw Down” per l’appunto) e poi rialzarsi”. Così è la vita, quella dei tre protagonisti che si inseguono, si stuzzicano, finiscono per volersi bene, nonostante le sconfitte, impersonando così al meglio la metafora scelta da To. Una storia di redenzione che passa attraverso i valori della disciplina con una delicatezza non comune. Sorretto da un sentimento di armonia totale (nonostante alcune sbavature in fase di caratterizzazione dei personaggi)  che equilibra la calibrata messa in scena, dove si alternano campi profondissimi di azione esagitata ad altri in cui la luce sembra torcersi per aderire silenziosamente ai personaggi, Throw Down gode del tocco felice e della mano inspirata del proprio regista. L’incipit e l’epilogo sono gemme imperdibili per chi ama il cinema, i duelli al rallenty ripresi in long take sembrano sinfonie provenienti da un altro pianeta.

Quando la tecnica sopraffina si innesta all’interno di un percorso autoriale, il risultato è un cinema empatico ed ipnotico che lascia il segno.

Dopo Red Belt di David Mamet, il miglior film sull’argomento.

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