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Il resto di niente

Regia di Antonietta De Lillo vedi scheda film

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La recensione su Il resto di niente

di lino99
2 stelle

Una parabola illuministica mal rappresentata

Tutto accennato...Se qualcuno vuole approfondire il contesto storico della rivoluzione francese e/o la breve storia della Repubblica Napoletana del 1799, durata circa 5 mesi, non credo proprio che la visione di questa pellicola esaudisca il suo desiderio. Oltretutto chi non conosce proprio l'argomento e vuole colmare questa mancanza nella sua cultura otterrà solo confusione (e noia). Da una parte abbiamo una regia niente male di Antonietta De Lillo, che si avvale di frequenti primi piani sui personaggi nell'intento di caratterizzarli il più possibile e una bella fotografia di Cesare Accetta, che ha anche ricevuto una nomination ai David di Donatello; dall'altra tuttavia abbiamo una sceneggiatura (Giuseppe Rocca) abbastanza vaga, che sembra non voler mai entrare nello specifico di un aspetto, e una colonna sonora di Daniele Sepe che non aggiunge niente alla mediocrità di fondo del film. La troppa libertà nell'adattamento del romanzo omonimo di Enzo Striano avente come protagonista Eleonora de Fonseca Pimentel, detta Lenòr, un simbolo degli ideali illuministici di uguaglianza e libertà grazie anche al suo giornale, invece di mostrare a tutti, soprattutto a chi non vuole leggere 370 pagine, una storia solo apparentemente marginale della campagna d'Italia napoleonica volta a sfruttare i territori stranieri, forgia un lungometraggio confuso e pretenzioso sia nell'intreccio narrativo, che si concede troppi flashback e salti temporali mal utilizzati, sia nella rappresentazione dei caratteri e dei sentimenti dei protagonisti: il rapporto contrastato tra moglie e marito viene raccontato solo con un paio di frasi e una scena di sesso gratuita; una perdita è evocata solo con un sorrisetto;  l'amarezza finale (da cui l'espressione napoletana "il resto di niente") non viene trasmessa allo spettatore. Inoltre viene concesso poco spazio agli interessanti dibattiti della nobiltà decaduta, al centro dell'attenzione nel libro e principale motivo della bellezza di quest'ultimo. Gli attori fanno il loro lavoro, ma a mio parere Maria De Medeiros, la moglie di Butch in "Pulp Fiction", non è stata la scelta giusta. Tra le comparse troviamo Giovanni Esposito, onnipresente nelle pubblicità televisive di telefonia, nei panni di un prete e Pietro de Silva, il Bartolomeo de "La vita è bella", nei panni di un giudice. Nonostante i numerosi premi (passabili) in ambito tecnico e scenografico e la presentazione al festival di Venezia, l'adattamento di Antonietta de Lillo non regge il confronto con la sua fonte. Da ricordare solo due scene: la volgare interruzione della lettura della poesia, che fa capire alla protagonista la non serietà dei suoi uditori e quella dei due attori che non riescono a finire lo spettacolo per colpa della loquacità del pubblico. Un vero peccato, gestito meglio poteva diventare un filmone, invece l'unico potere che ha è quello di scoraggiare alla lettura del libro.

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