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Collateral

Regia di Michael Mann vedi scheda film

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La recensione su Collateral

di Baliverna
8 stelle

Tom Cruise fa il terminator dai modi raffinati, e non fa il divo. Meglio così. Il resto è degno del regista Michael Mann.

Mi era sfuggito per le più strane ragioni fino ad oggi, quando sono riuscito a pizzicarlo. Ho voluto vederlo, perché Michael Mann è un regista che seguo.

Come in altri film del regista, ho ravvisato una notevole perizia tecnica, un montaggio e una conduzione generale notevoli. Dall'altro lato, ho notato una specie di freddezza generale, sui personaggi (non profondissimi) e i dilemmi morali (non sviscerati a dovere). Quanto ai primi, risultano assai più interessanti e incisivi umo dei poliziotti o megaboss in discoteca, che la madre del tassista o l'avvocatessa. Sarà perché Mann si trova più a suo agio con l'ambiente della criminalità che con quello civile e quotidiano, per così dire.

Tom Cruise recita bene, ma non fa il divo, e quindi fugge ogni compiacimento di sé e ogni banalità. Il suo personaggio è quello del killer spietato, ma dai modi raffinati, e dal cinismo sottile come una lama di rasoio. Egli ha spento in sé ogni traccia di umanità o pietà, per lasciar posto solo alla forma, e poi al calcolo e alla strategia. Via via che il film procede, comunque, si rivela sempre più un terminator, e sempre più simile a un robot (si pensi alla scena in cui distrugge a colpi d'ascia l'impianto elettrico dell'edificio). È abbastanza bravo anche l'angosciato Jamie Fox, uomo comune di colpo catapultato in un incubo.

A livello tematico, credo che il film voglia rappresentare l'idea del potere irresistibile che il male ha di coinvolgere ed avvincere a sé anche l'uomo più restio e ben intenzionato. Si ha quasi la configurazione del “servo arbitrio” di luterana memoria: il tassista, dopo aver accettato un'offerta allettante e insospettabile, si trova suo malgrado ad essere complice di efferati delitti. Non solo, ma più tenta di svincolarsi dall'assassino, più ne rimane avvinghiato, causando addirittura vittime aggiuntive. Sembra che non gli convenga neppure ribellarsi. Solo il tentato suicidio collettivo aprirà una breccia nello spietato meccanismo di costrizione, come l'inizio della salvezza che arriva al culmine della disperazione.

Va anche rilevato, a margine, che il povero tassista, benché preso nella morsa, si dimentica per un attimo della sua condizione e della tragedia in atto mentre il padrone del locale racconta di aver suonato con Miles Davis, e ne parla tranquillamente con Vincent (Cruise). In quel momento, questi, con i suoi sorrisi e il suo saper “cucinare” le persone, riesce praticamente ad ingannarlo un'altra volta, e a fargli credere di essere diventato buono. Illusione da cui verrà immediatamente scosso. Si tratta di un ulteriore accenno al tremendo potere di seduzione e di inganno che ha quell'individuo, come pure del suo cinismo assoluto.

Le scene di azione sono al solito ben dirette.

Insomma, è un bel film, anche se per arrivare al capolavoro ci voleva una sceneggiatura più precisa nel tratteggiare i dilemmi morali, e un po' più fantasia nella definizione di certi personaggi secondari. Comunque, Michael Mann non delude mai.

 

 

 

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