Regia di John M. Stahl vedi scheda film
Melodramma che scorre senza cascate, ma teso e complesso, ingiustamente poco noto. Il suo punto di forza è l'analisi dei personaggi, della loro interiorità e delle loro motivazioni. Lei (Gene Tierney) è una donna malata di gelosia, una gelosia che trascende i suoi diritti sul marito, e deborda nella mania di possesso, non tollerando che alcun altro - uomo o donna - ne possa godere la compagnia o l'affetto. Le radici profonde di questo suo sentimento non vengono toccate dal film, ma viene evidenziato un particolare non banale e di certo strettamente collegato: il rapporto troppo forte tra la donna e il defunto padre. Venuto a mancare questo, ella proietta il suo sentimento possessivo sul marito. Ma le cause prime, appunto, sono ignote. Appurata la gelosia maniacale di lei, c'è da dire anche su di lui (Cornel Wilde). Complessivamente è un marito accettabile, ma la sua condotta non è impeccabile, gelosia di lei a parte. Mentre lei desiderava passare una vacanza intima col neo-sposo (desiderio, questo, legittimo), lui finisce per mettere assieme una bella brigata, che avrebbe urtato anche una donna non gelosa ma solo innamorata. Si può anche dire che la trascura un po'. Inoltre, sin da subito, è troppo espansivo con la sorella di lei, in un modo un po' ingenuo e cafone, di chi non percepisce di non comportarsi come dovrebbe. La corretta diagnosi del loro rapporto e del loro matrimonio la farà stranamente proprio la moglie pazza di gelosia: lui si era innamorato di lei, ma in senso più passionale e istintivo, senza amore e sintonia veri, e forse in modo superficiale. Lei dirà "non siamo mai stati amici", intendendo con ciò che lui parlava poco con lei e in fondo sentiva poco il bisogno di starci assieme. Cosa che non si può dire del suo rapporto con la cognata. La vicenda fa in fondo giustizia di tutto: della donna pazza di gelosia e omicida, di un matrimonio in fondo sbagliato, che mancava del sale che non può mancare, la voglia cioè di stare assieme e di parlare (quanti matrimoni sono così?); fa giustizia su un uomo che comunque aveva le sue colpe (con la galera); e mette infine assieme la coppia giusta. Vincent Pryce, benché giovane, non poteva - proprio non poteva - fare il buono, il trasparente, perché i registi l'hanno sempre capito. Come in "Vertigine", fa l'ambiguo, il misterioso, il venticativo. Detto questo, il finale è proprio bello e romantico come pochi.
Non ci sono commenti.
Ultimi commenti Segui questa conversazione
Commenta