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La febbre dell'oro

Regia di Charles Chaplin vedi scheda film

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La recensione su La febbre dell'oro

di jonas
10 stelle

Il vagabondo, in trasferta in Alaska al seguito dei cercatori d’oro, continua ad avere a che fare con omaccioni grossi il doppio di lui: il collega Big Jim (Giacomone nell’edizione italiana), il criminale Black Larsen e il rivale Jack. Come tutti i migliori film di Chaplin, si regge su un miracoloso equilibrio fra comico e tragico e riesce a far ridere raccontando una vicenda tristissima: fame (con possibili risvolti antropofagi), morte, solitudine, infelicità. Ma anche in questo, “il solo suo film in cui la natura e il caso hanno un peso maggiore che la società e gli uomini” (Morandini), il nocciolo è una storia d’amore di sognante levità: per la ragazza del bar comincia come un capriccio, una ripicca; per il vagabondo è fin da subito una dedizione pura, totale, assoluta. I momenti più toccanti sono quelli legati alle successive scoperte che fa Giorgia, e che la portano a vedere al di là delle apparenze: un fiore e una foto sgualcita nascosti sotto il cuscino, un minuscolo tavolo imbandito per un veglione di Capodanno a cui nessuno parteciperà, l’identità del presunto clandestino a cui si era offerta di pagare il biglietto senza conoscere l’entità del suo conto in banca. Se penso a un film che incarni la parola “poesia”, la lotta è fra questo e Luci della città.

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