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Semaforo rosso

Regia di Mario Bava, Lamberto Bava vedi scheda film

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La recensione su Semaforo rosso

di rozann971
10 stelle
Ci sono due film di Mario Bava che non sono mai usciti nelle sale cinematografiche italiane, uno è Lisa e il Diavolo che fu in seguito distribuito solo nella versione rimaneggiata con il titolo La Casa Dell’Esorcismo, mentre l’altro è Cani Arrabbiati. Per quest’ultimo la mancata distribuzione fu dovuta al fallimento del suo produttore Roberto Loyola, avvenuto poco dopo la fine delle riprese. Ciò comportò il sequestro di tutti i suoi beni tra cui il girato del film.
La pellicola rivide la luce solo 21 anni dopo, nel 1995. E questo fu possibile grazie alla protagonista femminile del film, la tedesca Lea Kruger in arte Lea Lander che riscattò dal tribunale fallimentare l’opera, per poi distribuirla nella versione di quello che a quanto pare fu il primo montaggio realizzato da Bava (e conosciuto anche con il nome di “Semaforo Rosso”). La cosa è confermata anche dal figlio Lamberto che a proposito di ciò dichiarò “…Io poi l’ho visto finito, il film, e devo dire che, si, il montaggio è rimasto quello fatto da mio padre…ma ecco, anche questo è sbagliato, perché per papà quello era solo il primo montaggio” (vedi “Mario Bava – I Mille Volti della Paura” di Luigi Cozzi p. 153, ed. Profondo Rosso). Non sappiamo quanto sarebbe stata diversa la versione finale del film se Bava avesse avuto il tempo per rimetterci le mani. Ma già così, si può parlare senza ombra di dubbio di capolavoro assoluto, ed è difficile credere che il regista sanremese avesse in mente una versione definitiva, sostanzialmente, differente da questa.
Nel tempo varie versioni, con montaggi diversi, si sono aggiunte. Generalmente le differenze riguardano l’inserimento di scene all’inizio o alla fine del film. Anche il figlio Lamberto, in riferimento a quanto dichiarato da lui sopra, unitamente al fratello Roy, a Mauro Bonanni e Walter Diotallevi, nel 2002 ha fatto uscire una sua versione dal titolo Kidnapped. Tale variante comprende scene aggiuntive girate ex novo, come per esempio quelle riguardanti la sala operativa della Polizia o la mamma del bambino; il doppiaggio è stato rifatto in sostituzione di quello originale e la colonna sonora di Stelvio Cipriani, uno degli elementi caratterizzanti del film è stata sostituita con altre musiche. Il risultato finale è che questa versione risulta essere, a livello unanime, la peggiore tra tutte quelle proposte.
 
La trama del film vuole che quattro rapinatori conosciuti solo per il loro soprannome, Fangio, Il Dottore (Maurice Poli), Trentadue (Luigi Montefiori) e Bisturi (Don Backy), assaltano l’auto che trasporta gli stipendi di un’azienda farmaceutica. Nel conflitto a fuoco che ne consegue oltre ai passeggeri dell’auto assalita perde la vita anche Fangio. I restanti tre rapinatori con un bottino di 100 milioni di lire si danno alla fuga con la Polizia alle costole. Trovato rifugio in un garage rapiscono due donne, una la uccidono e l’altra, di nome Maria (Lea Kruger), se la portano con loro come ostaggio nel tentativo di tenere a distanza le forze dell’ordine. Una volta immessisi di nuovo nel traffico cittadino, per depistare gli inseguitori, decidono di cambiare auto, sequestrando quella guidata da tale Riccardo (Riccardo Cucciolla) che si trova in compagnia di un bambino febbricitante, Agostino. Riccardo dice che Agostino è suo figlio e che lo sta portando all’ospedale perché gravemente malato, e implora i tre di lasciarlo andare. Ma non ci sono suppliche che tengano e da qui ha inizio un claustrofobico viaggio, dove i rapinatori daranno la garanzia di lasciare liberi Maria, Riccardo e il bambino solo una volta che saranno al sicuro. L’incubo avrà termine in un finale a sorpresa dove tutto verrà messo in discussione, e dove il lato peggiore dell’animo umano, celato dall’apparenza, si mostrerà in tutto il suo cinismo!
 
Il film nacque perché il regista si era innamorato di un piccolo racconto pubblicato in appendice su un giallo Mondadori (di cui era avido lettore), dal titolo “L’uomo e il bambino”, e da cui ne ricavò il soggetto. Bava trovò in Loyola l’unico produttore intenzionato a finanziare la sua idea, e per non perdere l’opportunità di realizzarla accettò di girarlo a budget ridotto. La mancanza di fondi si fece sentire per tutta la durata delle riprese, che vennero interrotte ripetutamente nell’impossibilità di pagare sia gli attori che il personale della troupe.
Il tratto caratterizzante alla base dello sviluppo dell’idea di Bava, è che la storia si svolge quasi totalmente all'interno dell’auto. La genialità del regista, che nel film ci viene mostrata in tutta la sua potenzialità, consiste nella capacità di sovvertire le regole; il tutto viene raccontato in tempo reale e questo fa si che la tensione ricreata all'interno del veicolo venga trasmessa allo spettatore per tutta la durata della pellicola. E in questo è determinante anche la stupenda colonna sonora di Stelvio Cipriani, che accompagna le scene in rotazione continua, contribuendo a fomentare questo stato di ansia perenne, che avvolge il gruppo di passeggeri. Tutti, indifferentemente se vittime o carnefici, cercano a modo proprio di fuggire per salvare la pelle. I primi per liberarsi dal gioco dei rapinatori, i secondi perché inseguiti dalla Polizia. E in quello che sembra un interminabile viaggio senza ritorno, la sopravvivenza degli uni è indissolubilmente legata a quella degli altri.
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