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Primavera, estate, autunno, inverno... e ancora primavera

Regia di Kim Ki-duk vedi scheda film

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Questo testo contiene anticipazioni sulla trama.

La recensione su Primavera, estate, autunno, inverno... e ancora primavera

di port cros
9 stelle

 

VOTO: 8,75 su 10.

 

Il nono film di Kim Ki Duk è un poetico saggio cinematografico imperniato sul buddismo come visione del mondo e della vita, che ci accompagna nel passare inesorabile delle stagioni e degli anni, con un movimento circolare in cinque stagioni, successive da primavera a primavera ma ciascuna di alcuni anni posteriore alla precedente.

Ogni stagione è annunciata dall'apertura di un simbolico portale dipinto che dà accesso alla calma distesa di un lago immerso nella natura selvaggia, al cui centro sta una casa-tempio galleggiante, abitata al principio da un monaco buddista e da un bambino suo allievo.

 

Primavera, estate, autunno, inverno... e ancora primavera- film di kim ki  duk-2 - crono.news

 

Nella prima primavera il bambino dispettoso lega una sasso ad un pesciolino, ad una rana e ad un serpente si diverte a vederne le difficoltà e sofferenze: il maestro lo ammonirà legandogli a sua volta un pietrone dalla schiena. L'estate è la stagione della tenerezza dell'amore adolescenziale tra il giovane allievo e la ragazza di città venuta a curarsi presso il maestro. L'autunno vede il ragazzo, allontanatosi dalla zattera per inseguire le passioni del mondo, tornare al tempio dopo aver ucciso la moglie, divorato dall'ira e dagli istinti più bassi. Il maestro questa volta lo curerà con la scrittura, facendogli incidere nel legno della piattaforma una sutra che lui ha scritto con l'inchiostro usando la coda di un gattino come pennello. Dopo il suicidio tramite rogo rituale del maestro, l'allievo, espiata la sua pena, torna al tempio durante un rigido inverno che ghiaccia la superficie del lago, per riprendersi cura del luogo sacro rimasto abbandonato. L'apparizione di una enigmatica donna dal volto coperto e di un bambino darà avvio ad un nuovo inizio, e, nella nuova primavera, i dispetti del nuovo bambino su pesciolino, rana e serpente ci mostrano come il ciclo della vita si ripeta sempre da capo.

 

Un wallpaper del film Primavera, Estate, Autunno, Inverno... e ancora  Primavera: 61731 - Movieplayer.it

 

La rappresentazione lirica di una dimensione naturale e spirituale, con il lago e i suoi immediati dintorni come unico setting del film, sembra portarci fuori dal tempo e dallo spazio, dove la zattera in mezzo all'acqua è un'oasi di pace, però solo in apparenza separata dal mondo e dalle sue inguaribili passioni, in quanto non si può facilmente sfuggire all'imperfezione della natura umana. L'uomo, pur educato alla contemplazione, non riesce a schivare la trappola degli errori e persino dei crimini che la vita vissuta in società porta con sé inevitabilmente. Se il maestro ha scelto e cerca di trasmettere la contemplazione e l'abbandono delle passioni, si tratta di uno stadio a cui il giovane arriverà solo dopo averne sperimentato la distruttività. E chissà che anche il maestro originario non abbia in precedenza seguito lo stesso percorso di caduta e crescita, come sembra fare anche il nuovo bambino-allievo nel finale circolare.

 

Primavera, Estate, Autunno, Inverno… e ancora Primavera | Kim Ki-duk

 

Opera che forse lo spettatore occidentale a digiuno di principi buddisti può capire solo fino ad un certo punto, pur subendone l'inevitabile fascino, è un film poetico e profondissimo, dal ritmo pacato e lento perfettamente combaciante con la filosofia zen della pellicola, che Kim Ki Duk dirige con stile contemplativo e sguardo intimo (vedasi la delicatezza con cui mostra la scoperta del sesso).

La splendida fotografia cattura la meraviglia del paesaggio, dal giallo delle foglie autunnali alla verzura estiva alla trasparenza purissima delle acque del lago, donando un senso di immersione nella natura che ci trasmette anche una serenità incentrata su una visione armonica ed equilibrata del rapporto tra uomo e mondo naturale, dove gli animali che popolano in successione la zattera (un cane, un gallo, un gatto, un serpente, una tartaruga), così come la triade di bestiole torturate dal ragazzino, sono forse simboli che solo un esperto della cultura orientale potrebbe compiutamente decifrare.

 

 

 

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