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Il fascino discreto della borghesia

Regia di Luis Buñuel vedi scheda film

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La recensione su Il fascino discreto della borghesia

di berkaal
6 stelle

Già sospettavo di capirne poco di cinema, ma toccare con mano l'evidenza non è certamente piacevole. Certo, basterebbe accodarsi agli innumerevoli estimatori di questa pellicola o applicare il principio dell'omne ignotum pro magnifico per mettersi l'anima in pace ed evitare improperi e contumelie, ma un minimo di onestà intellettuale mi impedisce di unirmi ad un coro di cui non condivido i carmina triumphalia. Forse mi ha nuociuto la recente visione dell'Amleto di Laurence Olivier, dove soggetto, sceneggiatura, fotografia e l'interpretazione degli attori sono ai massimi livelli. E allora mi piacerebbe che qualcuno mi dimostrasse, tanto per cominciare con qualcosa di semplice, che la fotografia non è a dir poco discutibile, inferiore ad un qualsiasi film di Franco e Ciccio dell'epoca, con una paletta di colori pastello a volte lividi e sbiaditi che fanno molto anni '50 , poco contrasto, con luci improbabili non solo negli interni, ma anche all'esterno, come nella scena in cui l'auto entra nel parco della villa. Passando alla sceneggiatura, non ricordo una sola battuta memorabile, una frase pregnante, un momento di pathos, un passaggio significativo per se. Gli attori, molto dotati,  forniscono quella che si definisce una interpretazione onesta, ma nulla più, fagocitati come sono dalla personalità e dallo stile immanenti del regista, novello Crono, e penalizzati da una sceneggiatura che non offre loro occasioni di librare le ali. Continuando con le cose che non capisco, leggo ovunque di "critica feroce" e "satira graffiante" della borghesia, ma non riesco a capire allora quali iperboli dovremmo coniare per il cinema di Germi (quello sì, geniale), che è, oserei dire, agli antipodi. O forse stiamo parlando di una diversa borghesia e dobbiamo ridiscutere il significato del termine? Anche perché nella mia oceanica ignoranza non sapevo che una delle attività preferite di questa classe sociale fosse lo spaccio all'ingrosso di sostanze stupefacenti. Allora se ne deve dedurre che anche Totò Riina e Michele Zagaria sono dei borghesi?

Il film soddisfa quando Luis Buñuel è Luis Buñuel. Nelle scene surreali, oniriche, quando si viene spiazzati, disorientati, questo è ciò che mi aspetto da lui e questo è ciò che sa fare magistralmente. Ma ahimé queste scene occupano una parte, per me, troppo limitata della pellicola. Sarà forse che non amo le cose fatte a metà, come quel tale che.... ma qui non posso dirlo. In altre parole, Un Chien Andalou è tutt'altra cosa.

Sulla trama

L'ambasciatore a Parigi della repubblica di Miranda, uno stato a regime dittatoriale situato nell'emisfero australe, importa droga e la vende ai suoi amici francesi, il signor Thevenot ed il signor Senechal. Insieme alle loro famiglie, si trovano spesso a cena, ma le loro riunioni conviviali vengono spesso interrotte o disturbate da fatti insoliti. I sogni, sia fatti dai protagonisti che da estranei, si intrecciano in modo indissolubile con la vicenda narrata.

Sulla colonna sonora

Non ricordo alcunché. Forse non c'è nemmeno.

Su Luis Buñuel

Il regista confeziona un film per il cervello, non per i sensi, asservendo a questo scopo ogni elemento della pellicola. Il risultato è sublime quando egli si trova nelle proprie acque, ordinario quando la materia da trattare non offre ispirazione.

Su Jean-Pierre Cassel

Interpreta Henri Senechal, proprietario della casa ove si svolge la maggior parte dell'azione del film. Ai miei occhi l'attore appare come quintessenza della francesità, la sua arte è solida ma non trova spazio adeguato nella pellicola.

Su Fernando Rey

Nei panni di Don Raphael Acosta, ambasciatore dello stato fittizio di Miranda, si può forse considerare per un'incollatura il protagonista della pellicola. La sua dimensione di icona supera probabilmente quella di attore, e, forse, Buñuel lo sceglie anche perché rappresenta ed incarna più degli altri interpreti l'immagine della borghesia. Irrinunciabile.

Su Delphine Seyrig

L'attrice scomparsa purtroppo prematuramente interpreta qui Simone Thevenot, ed è forse il personaggio meno caratterizzato della combriccola, quello meno in evidenza, anche se se la cava comunque bene.

Su Bulle Ogier

La moglie di Barbet Schroeder interpreta Florence ed incarna nella pellicola forse i tratti peggiori della classe sociale qui messa alla berlina, come il cinismo, la superficialità, la mancanza di rispetto per chi viene ritenuto inferiore e l'inclinazione al vizio, perennemente con la sigaretta in mano ed assetata di alcool.

Su Stéphane Audran

Moglie prima di Jean-Luis Trintignant e poi di Claude Chabrol, donna bellissima, molto elegante e dotata di enorme fascino, è però penalizzata da trucco ed acconciatura da codice penale. La sua prova è comunque molto apprezzabile, e finisce per dare al film un un quid pluris.

Su Paul Frankeur

E' il signor Thevenot, il cicciotto della compagnia, di tutti gli amici forse il più viscido e squallido, cornificato dalla moglie con l'affascinante ambasciatore.

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