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La spettatrice

Regia di Paolo Franchi vedi scheda film

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La recensione su La spettatrice

di giancarlo visitilli
4 stelle

L’ennesima finestra sul cortile, o quella di fronte di Ozpeteck, passando dal Gitai di Alila. Questo è La spettatrice, il film che segna il debutto alla regia di Paolo Franchi, che proviene dalla factory di Ermanno Olmi, unico italiano scelto da De Niro, in concorso al Tribeca Film Festival di New York, ma già vincitore al Bergamo Film Meeting.
Valeria, ventiseienne, un’interprete simultanea, chiusa e taciturna, che vive nella solitudine della città di Torino, farebbe di tutto (cambiare città, lavoro, vita) pur di avere accanto a sé Massimo, un quarantenne, compagno di Flavia, docente universitaria segnata dalla scomparsa del marito, donna molto più grande di lui. Tuttavia, Valeria spierà, come momento fondamentale di conoscenza, il suo dirimpettaio. Con lui creerà un legame, seppure inconsapevole. Fino a quando lo seguirà a Roma, dove riesce a conoscerlo personalmente, anche se dopo aver conosciuto Flavia ed essere diventata la sua assistente. Una menzogna, pilotata dalla curiosità, “rinforzerà lo spirito e i sentimenti” e porterà i tre protagonisti su una strada completamente nuova.
Pochi dialoghi e tanti noiosissimi silenzi, danno dispiacere, in occasione di un film in cui, invece, la direzione dei tre attori è straordinaria: Barbara Bobulova, la spettatrice capace di restare dinanzi alle cose della vita come se non succedesse nulla a sé; l’amica-complice Brigitte Catillon e il bravissimo Andrea Renzi, che viene dalla scuola di Mario Martone.
Tutto si snoda intorno all’illusione e alla precarietà dei sentimenti, svuotando dal di dentro tutto ciò che può contenere la bellezza dei rapporti umani. Siamo al cinema di Kieslowski: qui le tre grazie diventano ‘tre solitudini’, che formano come un vortice che inghiotte tutti. Fra tutti e tre i protagonisti Valeria è però la sola spettatrice, che ha visto consumarsi sotto i suoi occhi una passione, ora ridottasi in un nulla di fatto.
La confessione di sé come una dichiarazione contro se stessi e la conoscenza fra loro, d’entrambi i personaggi, tessano una rete complicata di rapporti che si caratterizzano per l’insofferenza “per natura”. Perciò Massimo avrà l’esigenza di “fare ordine nelle sue idee”. Cosa voglio e cosa gli alyri possano volere da me, non sempre, anzi quasi mai, coincide con quello del mio sguardo da spettatrice o spettatore. Da che parte stare: quella di chi guarda o quella di chi è guardato, è l’unico emblema che ci è dato sciogliere. Per il resto, il film di Franchi, ha tutto il sapore di un già visto. Fra l’altro non molto tempo fa, guardavamo il mondo con gli occhi di un altro personaggio, il dirimpettaio della Finestra di fronte. Sempre e soli spettatori di un cinema che ricicla se stesso e che stanca spettatori e spettatrici.
Giancarlo Visitilli

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