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The Day After Tomorrow. L'alba del giorno dopo

Regia di Roland Emmerich vedi scheda film

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SredniVashtar

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La recensione su The Day After Tomorrow. L'alba del giorno dopo

di SredniVashtar
6 stelle

Onesta opera di intrattenimento catastrofico, con effetti speciali adeguati alla bisogna e il solito buonismo americano, ma non troppo (stavolta).

Vorrei che questo film servisse da benchmark, riferimento, spunto per le decine se non centinaia di pellicole catastrofiche che un ben noto canale televisivo ci propina settimanalmente. L’idea è questa: prendi L’alba del giorno dopo e se non sai fare di meglio non farlo, punto.

Con ciò non voglio dire né bene né male della fatica di Emmerich: ha i suoi punti di forza e i suoi lati deboli, ma nel complesso è un onesto film del genere apocalittico, cosa che purtroppo non tanti “fratelli” sono, risvegliando invece ricordi di Fantozzi sul palco che grida “E’ una boiata pazzesca!”.

 

Di quest’Alba mi è piaciuta la parte di preparazione, quel topos immancabile in cui lo Scienziato Geniale Ma Incompreso dimostra di aver ragione e si vendica moralmente di tutti i suoi Detrattori.  In genere mi piaccionole fasi di quest, cioè di progressiva scoperta della Minaccia (ne ho parlato ad esempio a proposito di Dante’s Peak – La furia della montagna, ma vale per altre migliaia di film).

Qui il primo indizio è presentato in modo spettacolare, con un’esagerazione suggestiva.

 

Emmerich ha mestiere, non c’è dubbio. Rispetto ad altri colleghi da docufilm parrocchiale sa osare senza tirare la corda, benché anch’egli strizzi costantemente l’occhio all’Inventiva/Iniziativa Individuale americana, praticata da anti-eroi di ogni giorno senza medaglie. È una tara non tanto di filone quanto di mondo (americano) del cinema, che a noi europei può dare (e dà) fastidio, soprattutto considerato che in pratica gli americani sono in media dei pecoroni che non vedono al di là del proprio naso. Ma vedo che sto cambiando discorso, per il quale non è questo il luogo.

 

Il mestiere di Emmerich – dicevo – limita alle solite scenette il dazio da pagare: la bambina da salvare in extremis, il senzatetto furbo e ingegnoso, il genitore con radar genetico incorporato (qui Dennis Quaid), che dopo 2.000 km a piedi, sotto 30 metri di neve e senza bussola atterra esattamente dove deve, cioè dov’è imprigionato il figlio (Jake Gyllenhaal), il Sacrificio Estremo dell'Amico da una vita. Per il resto, il regista sa inquadrare, gestire gli attimi di sospensione, utilizzare gli effetti speciali: tutte cose che sembrano facili ma non lo sono, viste le minchiate inenarrabili prodotte da molti colleghi.

 

Qui viene aiutato da Gyllenhaal, un interprete cult che non mi dispiace guardare all’opera, anche se in questa pellicola ha una parte assai più ingessata e conforme che altrove (Source Code, Donnie Darko, I segreti di Brokeback Mountain, Jarhead… mi fermo). I due protagonisti, l’uomo maturo e suo figlio, grazie ai due attori si dividono equamente le scene come presenza e peso specifico e bilanciano il plot complessivo. Emmy “Orecchie a sventola” Rossum dona alla confezione quel tanto di malizia femminile che rende il prodotto visibile anche con fidanzata accanto, il che a mio avviso è il modo giusto per inquadrare l’impegno con cui dedicarsi alla serata.

Termino con una menzione per la piccola parte di Ian Holm: è un attore inglese, e in un'americanata la cosa si nota (a suo vantaggio).

 

Gli darei 6 e mezzo, ma FilmTv il mezzo non lo contempla, quindi 3 stelle e via.

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