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The Day After Tomorrow. L'alba del giorno dopo

Regia di Roland Emmerich vedi scheda film

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La recensione su The Day After Tomorrow. L'alba del giorno dopo

di GIANNISV66
10 stelle

Roland Emmerich è uno di quei registi su cui è fin troppo facile sparare. Dedito al genere fantascientifico-aventuroso ha creato pellicole che riescono a colpire l’immaginario del grande pubblico con tematiche che si rifanno agli archetipi del cinema (e non solo) di genere: l’invasione aliena (Indipendence Day), l’origine extraterrestre delle grandi civiltà  del passato (Stargate), i mostri generati dagli esperimenti nucleari (Godzilla, remake di un ben noto film giapponese), il mito di antiche civiltà sperdute nella preistoria  (10.000 a.C.)
Indubbiamente stiamo parlando di un regista che ha sempre privilegiato la spettacolarità alla narrazione logica, non vi è profondità nei suoi film né, a onor del vero, vi è l’ambizione di un riconoscimento autoriale. Solo la certezza di sedersi in poltrona per assistere a un paio d’ore di evasione, avventura, in una sola parola divertimento.
Eppure se lasciamo da parte i preconcetti è corretto che vada riconosciuto al tedesco naturalizzato statunitense almeno un merito: la capacità di saper realizzare una narrazione avvincente che riesce ad affascinare lo spettatore, non solo quello sprovveduto ma anche chi, ogni tanto, decide di lasciare in un angolo l’impegno sociale e la ricerca di emozioni più intime per addentrarsi nel mondo dell’intrattenimento. Metaforicamente è come se un appassionato di città d’arte decidesse di frasi un giro in parco divertimenti.
Stabiliti dunque questi presupposti, c’è un film che per qualità della recitazione, costruzione della vicenda e  tensione narrativa spicca decisamente nella produzione di Emmerich, quello in cui esprime la sua miglior regia , ed è questo The Day After Tomorrow – L’Alba del Giorno Dopo, decisamente migliore del pretenzioso Il Patriota realizzato quattro anni prima.
La storia è quella dell’arrivo di una nuova era glaciale, scatenata repentinamente dal blocco della corrente del Golfo con conseguente crollo della temperatura dell’Oceano.
Il paleoclimatologo Jack Hall (un ottimo Dennis Quaid) capisce la drammaticità della situazione assieme a un collega britannico, il professor Terry Rapsom (Sir Ian Holm, che lascia il segno anche in un ruolo secondario), ma subisce lo scetticismo dei politici che si sveglieranno solo di fronte ai primi disastri.
Nel mentre il figlio di Jack, Sam (Jake Gyllenhaal) è a New York a partecipare a una competizione culturale fra alunni delle scuole di ogni parte degli Stati Uniti, e si ritroverà bloccato insieme ai compagni di scuola (tra cui la ragazza di cui è innamorato segretamente) in una metropoli che a causa delle condizioni atmosferiche si trasforma in una città di ghiaccio.
Mentre l’umanità travolta dal panico fugge verso il sud, Jack temprato dalla esperienza di ricercatore nelle calotte polari, appronterà una spedizione di soccorso tra mille difficoltà.
Ciò che rende questa pellicola particolarmente apprezzabile rispetto ad altre del genere è la capacità del regista nel coinvolgere lo spettatore nella vicenda senza mai una caduta nella tensione della narrazione, i colpi di scena si susseguono senza mai dare tregua  e alcune scene (la ricerca di un medicinale su un enorme cargo russo incastrato fra i grattacieli) sono davvero ben costruite.
Al tempo stesso viene però sviluppato anche il piano emozionale della vicenda, ponendo in risalto il difficile rapporto tra un padre troppo impegnato nella sua attività che pone davanti a tutto e un figlio che per contro lo vorrebbe sentire più vicino. Sarà proprio la drammaticità della situazione a far prendere consapevolezza a entrambi dell’affetto che li lega.
Giusto merito in tutto questo va dato alle interpretazioni degli attori coinvolti, tutti assolutamente in parte.
Siamo dunque ben lontani dalla retorica che limitava notevolmente un film come Indipendence Day, rendendolo in certi tratti addirittura ridicolo, qui il senso della misura è decisamente più evidente.
Esiste peraltro rispetto agli altri film di Emmerich anche una chiave di lettura decisamente più impegnata: la catastrofe è causata dall’arroganza dell’uomo nello sfruttare le risorse e dal mancato rispetto della natura. La scena in cui i lupi, fuggiti dallo zoo di New York, diventano i padroni delle strade di quella che è una delle città più importanti del mondo è emblematica in questo senso.
Arrivando a una valutazione finale, è indubbio che questo è di gran lunga il, miglior film che Emmerich abbia mai realizzato, e difficilmente riuscirà a replicare. Limitando il giudizio a quelli che sono i parametri del genere, è un prodotto di altissimo livello e merita un voto conseguente. Certamente i capolavori immortali sono ben altri, ma non è da tutti tenere incollati gli spettatori sulla poltrona per oltre due ore.
Nota: Sarebbero quattro stelle e mezzo ma con un pò di coraggio arrivo a dargliene cinque.

Sulla trama

Jack e Sam discutonoin merito a un voto di matematica non esaltante di quest'ultimo:
Jack: No, non sono arrabbiato, sono deluso.
Sam: La vuoi sentire la mia versione?
Jack: Sam, come possono esserci due versioni?
Sam: Senti io ho risolto tutti gli esercizi. La ragione per cui Spengler mi ha castigato è che non ho scritto i vari passaggi.
Jack: Perché no?
Sam: Perché li faccio a mente.
Jack: Tu glielo hai spiegato?
Sam: Mi ha risposto che siccome lui così non ci riusciva, avevo sicuramente copiato.
Jack: No, è ridicolo – dai – non può punirti perché sei più bravo di lui.
Sam: È quello che gli ho detto.
Jack: Ah sì?! E lui come ha reagito?
Sam: La pagella ce l'hai mi pare.

Due rifugiati nella Biblioteca di New York in una surreale discussione riguardo ai libri da bruciare per salvarsi la vita (con intervento decisamente più pratico di un terzo):
- Friedrich Nietzsche!?! Non si può bruciare Friedrich Nietzsche, il pensatore più importante del ventesimo secolo!
- Ah, ma dai! Nietzsche era un porco sciovinista innamorato di sua sorella.
- Non era né sciovinista né porco.
- Ma era innamorato di sua sorella.
 - Ehm, scusatemi, ragazzi? Grazie. Lì c'è il settore tributario che aspetta solo di essere bruciato.

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