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Indirizzo sconosciuto

Regia di Kim Ki-duk vedi scheda film

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La recensione su Indirizzo sconosciuto

di EightAndHalf
8 stelle

La strada verso la scoperta del sentimento è lunga e tortuosa, passa attraverso i tornanti della guerra e della bestialità umana, non gode di rettilinei percorsi amorosi ma si confonde nel fango e nell'anonimato di case prive di indirizzi. Se possibile, Kim approfondisce e complica la sua visione dell'umanità, la rende più sfaccettata, creando un'incredibile varietà di caratteri che, come in tragedie greche o shakespeariane, sono destinati o a morire o a rimanere feriti a vita. Mentre la violenza e il sangue sporcano il lurido suolo di una Corea reduce da una guerra, e le basi americane spargono per il piccolo paese sud-coreano in cui è ambientato il film soldati razzisti e profittatori, drogati e disperati anch'essi, questo Amoresperros tutto orientale si priva di qualsiasi spiritualismo, se non per accennare a rari barlumi di umanità. Forse meno simbolico dei film precedenti, ma anche mettendo troppa carne al fuoco, Kim elabora un film corale in cui riesce a dare spazio a tutti i personaggi, li lega indissolubilmente, fino a un destino inevitabile che forse li libera dal girone infernale che è la Terra. Una donna è picchiata e distrutta dal figlio, in sequenze shockanti e di spaventoso e spiazzante patos (specie nell'ultima sequenza in cui madre e figlio si incontrano), che vengono battute solo dal nichilismo violento tra madre e figlio di Visitor Q di Takashi Miike. Un piccolo pittore (torna l'intento meta-artistico), figlio di un reduce di guerra superbo e vanaglorioso, si innamora di una donna semi-cieca, amata/odiata a sua volta da un disorientato soldato americano. E mentre i bulli sconvolgono le esistenze livide di certe persone disperate (arrivando ad un bullismo quasi 'culturale', poiché conoscono l'inglese diversamente dalle loro vittime), un uomo (fidanzato della madre picchiata dal figlio) compra cani per finire spesso coll'impiccarli, trasformandoli in pignatte. Se certi accorgimenti narrativi sono espliciti e facilmente decodificabili, e l'inizio disorienta (ci vuole tempo per capire i legami fra i vari personaggi), in Address Unknown c'è, come in Seom, una vitalità e un'energia che trovano la catarsi nella rappresentazione della violenza, non necessariamente alla ricerca dello shock gratuito, ma come conseguenza inevitabile dell'esistenza umana, sofferente e autodistruttiva per natura. Kim dispensa poca compassione, se non in rari momenti lirici, riprende le decadenti scenografie di Birdcage Inn ma non approfondisce gli spunti meta-artistici di Real Fiction. Imperdibile comunque per chi si ritiene fan del regista, ma bisogna essere abbastanza duri di stomaco di fronte a una violenza non troppo esibita ma assai disperata e masochistica. Certo, si vede fin dalla prima didascalia che qualcuno ci è rimasto male per i pesci de L'isola, e qui nessun animale è stato davvero ucciso o ferito, ma l'animalesco percorre le esistenze di uomini e donne per cui l'amore rischia di coincidere soltanto con l'eros più disturbante e crudele (con alcuni esempi di zoofilia), i rapporti finiscono per coincidere con la vendetta e la violenza a tutti i costi. Fino a quel momento, tra i film di Kim, uno dei più importanti, ma non il più riuscito.

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