Regia di Luciano Salce vedi scheda film
Le disavventure del rag. Ugo Fantozzi, modesto impiegato in una ditta di assicurazioni, sposato con Pina e padre di Mariangela, entrambe bruttissime, ma segretamente innamorato della signorina Silvani, una collega che non lo considera di striscio. Tutto quello che Fantozzi fa o tenta di fare si trasforma in fallimento, in una figuraccia colossale di fronte agli altri.
Con Fantozzi* Paolo Villaggio dà vita alla figura del fallito per antonomasia e crea in qualche modo un archetipo: siamo stati tutti un po’ Fantozzi almeno una volta nella vita; siamo stati tutti - almeno una volta - dentro una situazione “fantozziana”, ovvero sfortunata e imbarazzante per eccellenza. A riguardarlo oggi il film appare ancora godibile sebbene, in effetti, disorganico, privo di una trama omogenea e ben definita. Le disavventure del buon Ugo sono quasi sempre divertenti, anche se dietro la facciata comico-grottesca a spiccare è soprattutto la dimensione drammatica della vicenda. Uomo comune in una società che non concede tregua (ancora peggio oggi del 1975 quando il film uscì) Fantozzi è costretto a sopportare un lavoro non voluto in una azienda dove vige una implacabile organizzazione gerarchica e un matrimonio dove evidentemente l’amore - semmai esistito - ormai latita del tutto. Di fronte a cotanto peso, la ribellione di Fantozzi che pur si affaccia appare quasi sempre velleitaria e senza scampo. Uomo privo di qualità particolari, Fantozzi rimane però specchio di una umanità ingiustamente comandata e repressa, la stessa che non permette a molti di liberarsi dalle proprie catene e spiccare il volo.
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