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La mala educación

Regia di Pedro Almodóvar vedi scheda film

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La recensione su La mala educación

di spopola
8 stelle

(Un "aggiornamento" integrativo e una ibdispensabile "rivisitazione"):Meraviglioso Almodóvar! Meno compatto di Parla con lei, ma decisamente più stimolante e problematico del pur bello Tutto su mia madre, La mala educación è una singolare rivisitazione in chiave gay, ragionata e poetica, del noir americano che “ribalta” e integra al maschile il ruolo canonico della dark lady. Emozionante ed avvolgente nei suoi piani temporali che si disvelano gradualmente nella progressione degli incastri e delle rivelazioni, proprio per la sua “sfacciata”, necessaria e deliberata spudoratezza che non modera né addolcisce i termini (mitigati semmai solo dalla consueta, caustica e paradossale ironia dell’autore) è una esperienza estremizzata e trascinante che sollecita la liberazione di un “immaginario” disponibile a varcare le soglie del “consentito”, almeno per quanto concerne la morale corrente dei benpensanti, e di “lasciarsi andare” senza remore o pregiudizi (una modalità che consente la disinibita dissacrazione di molti tabù codificati e che si esplicita in alcuni momenti di travolgente impatto erotico, primo fra tutti la scena in piscina fra mutandine bagnate e jeans languidamente slacciati su corpi che esprimono bramosie e provocazioni “indecenti”, capace realmente, senza nulla svelare davvero, di “attivare” la fantasia… amplificando i desideri che fanno emergere le libidini “proibite” - solo represse - del “vorrei ma non posso”, una sequenza da antologia che si imprime come poche altre nella memoria). E’ al tempo stesso però anche una riflessione che potremmo in qualche modo definire canonica, su una condizione e una dipendenza affettiva (quasi la ricerca di una rivalsa o di una rivincita che sconfina nella prevaricazione) attivata dal frenetico turbinio di avvenimenti che assumono il tono surreale dell’esasperazione programmata, fra scoperte e ammissioni di forte impatto emotivo e un continuo scambio delle parti e dei ruoli che di volta in volta rimettono in discussione ogni certezza acquisita aprendo “brecce” su impensati e inediti orizzonti. Una materia scottante insomma che solo un maestro di alta esperienza, professionalità e sensibilità quale è Almodóvar può riuscire a dominare e controllare senza “sfaldamenti” morbosamente compiaciuti che rasenterebbero il voyeurismo gratuito. Ma potremmo elencarne moltissime altre di scene analogamente “avvolgenti”, come quasi tutta la ricostruzione dei “ricordi” di una infanzia violata e di un’amicizia “negata” o la strepitosa visualizzazione in immagini delle parole del manoscritto ritrovato che declina trame e accadimenti che sono all’origine della vicenda (e ne rappresentano una interpretazione plausibile e “fantasiosamente esasperata”). Non possiamo però dimenticare di citare gli splendidi titoli di testa “alla maniera di Saul Bass” così conformi al “genere” e all’obiettivo primario ricercato dall’autore, da diventare a loro volta “parte integrante del racconto”. Ottimi tutti gli interpreti, e al primo posto è da citare proprio Gael Garcia-Bernal, bravo e coraggioso ad accettare, facendo una scelta decisamente controcorrente (che qualcuno avrebbe potuto considerare persino “pericolosa”), un ruolo così complesso e sfaccettato, denso di “rischiose ambiguità”, tutte felicemente e ironicamente dribblate. Garcia-Bernal è infatti qui pienamente disponibile ad esporsi “oltre i limiti” con istrionica “ridondanza” (una vera bomba sexy nelle scene “en travesti”), fra realtà e “proiezioni” che si integrano e si intersecano fra loro, quasi in un gioco di specchi, che rappresentano i vari piani narrativi del racconto. Un corpo “duttilmente plasmabile” capace di calarsi nella parte (e nei “ruoli”) con estrema e assoluta naturalezza e la qualità superiore della credibilità, restituendo così perfettamente differenziate, le diverse implicazioni psicologicamente contorte - ed anche contrapposte – che contraddistinguono il personaggio. Più contenuta, ma analogamente positiva, la recitazione di Fele Martinez, ugualmente coinvolto “con l’anima ed il cuore”. Sapidamente divertita la caratterizzazione “sopra le righe” di Javier Cámara e a posto tutti gli altri, con una menzione particolare per Daniel Giménez Cacho. Come al solito entusiasmanti le “scelte musicali” della colonna sonora capace di mescolare “il sacro” e il “profano” con intelligente causticità.

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