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I diari della motocicletta

Regia di Walter Salles vedi scheda film

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Questo testo contiene anticipazioni sulla trama.

La recensione su I diari della motocicletta

di scandoniano
8 stelle

Questo film parla del viaggio in moto di Miàl e Fùser due amici argentini che intendono “sperimentare sul campo” quello che fino ad allora avevano ammirato solo sui libri o sulle cartine: la bellezza e le amenità dell’America Latina. Questo viaggio ha cambiato la vita di Alberto Granado ed Ernesto Guevara de la Sierna, rafforzando la loro amicizia e pervadendo la coscienza di Ernesto, tanto da inculcargli gli ideali che lo trasformeranno nel grande condottiero Che Guevara, trascinatore delle rivoluzioni che hanno cercato di rendere giustizia a una parte consistente del terzo mondo, quella a stretto contatto col mondo del capitalismo, della guerra facile, degli embarghi.
La storia è raccontata con realismo estremo, tanto da utilizzare tutti gli artifici più puramente legati alla tradizione del documentarismo. Colpiscono in particolare l’uso massiccio della camera a mano, l’utilizzo di location spettacolari, la fotografia sgranata, ma soprattutto il modo di montare le immagini: sembra quasi che una macchina da presa abbia filmato le fasi più significative del viaggio, finendo poi per riassumerlo in 130’ circa. Si notano infatti, in fase di montaggio, scene di valore marginale, riprese per pochi secondi, nonostante in fase di realizzazione siano probabilmente occorse ore di ricostruzione e di realizzazione del set per riportare al meglio il senso ed il realismo della scena. A conferire ulteriore matrice documentaristica alla pellicola contribuisce una sorta di rendiconto che costantemente appare in basso a destra, con luogo, data e chilometri percorsi.
L’idealismo di Guevara e Granado, unitamente alla purezza dei luoghi e alla “veracità” della gente che incontrano, sembrano usciti da un romanzo d’altri tempi, eppure le vicende si svolgono nel 1952 e sono la trasposizione cinematografica delle autobiografie dei 2 protagonisti; gli ideali che li pervadono e il modo pulito, quasi eroico, di affrontare temi come l’amicizia, la solidarietà, la sincerità, sembrano però cose d’altri tempi, che vanno ben oltre il mezzo secolo e che per questo, paradossalmente, possono risultare irreali, immaginifiche.
E se lo spettatore avverte una visione prosopopeica delle vicende di Miàl e Fùser è semplicemente perché questi sono supereroi postmoderni e perché l’angolo di percezione dello spettatore è immerso in un background che ha perso di vista gli stessi valori morali di cui invece il meraviglioso viaggio di Granado e Guevara è intriso.
Il film si divide in 2 parti: il “primo tempo” è un road movie che aiuta lo spettatore a conoscere i personaggi e serve ad esplorare i luoghi e le problematiche del viaggio, lasciando poco o nulla sul piano dei contenuti ma risultando certamente più scorrevole, mentre il “secondo tempo” ha una matrice pressoché politico-documentaristica, con gli ideali che martellano sempre più forte ed il mondo circostante che cambia e si incupisce (capitalismo, snobbismo dei ricchi/potenti, ingiustizie di varia natura). Il tutto non è dovuto ad interpretazioni registiche sfasate quanto alla fedele trasposizione dei libri sullo schermo.
Nota a margine per il finale: prima le diapositive in bianco e nero degli incontri più illuminanti proposti nel film, poi i frammenti (stavolta reali) del viaggio originale, infine gli occhi pensosi di Alberto Granado, ultraottantenne, simbolo di un mondo che oggi non c’è più: frammenti che fanno perdere anche al più scettico dei fruitori la voglia di alimentare dubbi sulla veridicità della storia proposta.

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