Regia di Walter Salles vedi scheda film
Durante la prima ora, il film ha la caratteristica di essere fastidiosamente didascalico. La voce-off di Guevara si ostina a dire tutto, il risultato è quello di dire troppo. Il commento tocca il suo apice (fondo) in alcuni momenti, il colloquio con i due coniugi nel buio del deserto dell'Atacama, rovinando immagini (belle) perfettamente autosufficenti.
A Cuzco il film sembra prendere una decisa svolta. Da road movie si passa contenutisticamente e formalmente a documentario, etnologico e di denuncia sociale. Il passato (1952) e il presente si intrecciano, dando con efficacia un'idea dei problemi dell'America latina: la situazione in cinquant'anni non è cambiata. Non era niente male l'idea. Guevara e l'amico Granado del 1952 che intervistano donne Indio nostre contemporanee sui problemi sociali del sudamerica. Qui però il doppiaggio rovina tutta la freschezza della non-recitazione degli "intervistati".
Poi però il film cambia di nuovo. Nell'ospedale per lebbrosi i due amici acquisiscono esperienze, umane e professionali. Forse Salles voleva colpirci con la triste realtà della malattia, ma il continuo infierire della mdp sui corpi martoriati dei malati ha il solo effetto di essere volgarmente indiscreto.
Due cosette sugli attori. Mentre Gael Garcia Bernal (Guevara) possiede un fascino indiscutibile e regge ottimamente la parte, "gli eroi son tutti giovani e belli...", De la Serna (Granado) sembra sempre una macchietta. Capisco che l'eroe tra i due è uno solo, ma mica si faceva confusione!
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