Regia di Nicolas Winding Refn vedi scheda film
Esordio alla regia per il ventiseienne danese Nicolas Winding Refn e primo di una trilogia considerata di culto, Pusher racconta sette giorni nella vita di uno spacciatore di Copenaghen, Frank (Bodnia). Dopo un affare andato male, Frank si trova indebitato fino al collo con un boss locale e poco tempo per rimediare i soldi necessari per non finire ammazzato. Partendo da uno spunto non nuovo, Pusher apporta tuttavia una certa originalità all’interno del panorama neo-gangsteristico europeo. Refn adotta uno stile all’insegna del più serrato realismo, con un uso molto frequente di una camera a mano che segue ossessivamente, di spalle o di faccia, il protagonista nella sua inesorabile caduta. Lo scopo è quello di mettere in immagini una Copenaghen dei bassifondi decadente, pullulata di reietti, disperati e boss senza scrupoli. Ma anche una riflessione sulla violenza, tema che sarà portante nell’intera filmografia del promettente regista danese. Senso della sconfitta e disincantata autodistruzione sono trasportate senza alcun alone romantico o leggendario, ma seguendo le vie del più impietoso realismo. Refn si presenta mostrando subito le sue credenziali e le sue fonti di ispirazione (primo tra tutti il cinema di Martin Scorsese) e realizza un film diventato in seguito un piccolo cult e che gli apre temporaneamente le strade del cinema americano, per poi tornare in Danimarca e completare la trilogia con gli altri due capitoli Pusher II - Sangue sulle mie mani e Pusher III - L'angelo della morte. Questo suo primo film non è proprio un capolavoro, presenta alcuni difetti dovuti all’inesperienza entusiastica dell’esordiente, ma apre la strada ad un regista che saprà rinnovarsi e diventare uno degli autori più importanti del cinema d'azione contemporaneo.
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