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Un incendio visto da lontano

Regia di Otar Ioseliani vedi scheda film

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La recensione su Un incendio visto da lontano

di Zarathustra
8 stelle

L'avventura africana per l'apolide Otar Iosseliani ha le solite caratteristiche vincenti degli altri suoi film: si parla poco, la macchina è leggera ma sempre in movimento, c'è qualche elemento surreale e il tema è drammatico nella sua profondità di una drammaticità nascosta e sublime. Anche qua ci sono delle scene surreali degne di nota come l'uomo senza testa il quale risorge dopo che gli viene rimesso il suo capo, l'uomo che dopo aver fatto sesso esce dalla capanna con un casco di banane in mano, il soffio di una donna che ha l'effetto del vento, la pioggia autogenerata e fatta smettere senza problemi per dare spazio di nuovo al sole, giornali che non sanno proprio come utilizzare, strani rituali sofferti ma doverosi, il ragazzo che vaga da villaggio in villaggio vestendosi sempre più, una ruota che viene usata per fare un pozzo (la tecnologia e, il conseguente progresso, che sta penetrando in profondità). Il tema centrale del film è la tecnologia, una tecnologia che distrugge la natura dell'uomo che è, quindi, una cosa contro natura ed uccide uomini ed ambiente che un tempo erano uniti in una felice fusione simboleggiata dalla perfetta simbiosi (una vera e propria fusione panica) tra la tribù africana ed il territorio che la circonda. Arriva la tecnologia e non c'è più un legame uomo-natura e questo è simboleggiato dall'ossessione del camion che va su e giù da tutte le parti e dagli alberi abbattuti in continuazione con l'uomo che fa avanzare il suo progresso e, con il suo inesorabile passo, distrugge ogni cosa; in questo modo non abbiamo più una simbiosi con la natura ma, invece, la voglia dell'uomo di sopraffarla (e alla fine distruggerla) attraverso, appunto, la tecnologia, non capendo che in questo modo farà fuori anche se stesso. La lontananza tra gli africani e la civiltà del progresso non consiste tanto in una distanza geografica ma soprattutto in una distanza di testa, di mentalità e di cultura intesa come tradizione; forse più che la tecnologia in se, ad avanzare è l'occidente e la sua cultura (quindi oltre che tecnologia anche religione e politica) distruggendo le altre tradizioni (come per secoli hanno fatto i cattolici, vizio che non hanno mai perso!) e la "vera" natura umana; il finale che vede una coppia che vende quelle statue simbolo della loro religione è il paradgma di questa sopraffazione, le tradizioni del vilaggio africano sono state sconfitte e sostituite da altre anche in campo religioso, la religione occidentale che è contro natura e che fa vestire gli uomini togliendo loro la naturalezza e anche la loro vera essenza, il loro vero essere. L'incendio finale simboleggia proprio questo, cioè la fine di un mondo che fa spazio ad un altro, la natura è stata sconfitta. Questo film soffero, di una sofferenza profonda che non traspare in superficie è, forse, il suo film più lucido e drammatico, il più chiaro ed esplicito!

Sulla trama

La tecnologia e, più in generale, il progresso avanza; per la natura non c'è più scampo.

Sulla colonna sonora

I film di Iosseliani sono sempre accompagnati da musichette semplici e melodiche che creano la giusta atmosfera. Si adattano perfettamente ai suoi film e al suo stile leggero ed intenso nella sua drammatica naturalezza.

Su Marie-Christine Dieme

Otar Iosseliani giostra perfettamente tutti questi attori non professionisti. Anche se non hanno mai recitato sono bravissimi, la loro forza sta nella naturalezza!

Su Binta Cissé

Otar Iosseliani giostra perfettamente tutti questi attori non professionisti. Anche se non hanno mai recitato sono bravissimi, la loro forza sta nella naturalezza!

Su Saly Badji

Otar Iosseliani giostra perfettamente tutti questi attori non professionisti. Anche se non hanno mai recitato sono bravissimi, la loro forza sta nella naturalezza!

Su Sigalon Sagna

Otar Iosseliani giostra perfettamente tutti questi attori non professionisti. Anche se non hanno mai recitato sono bravissimi, la loro forza sta nella naturalezza!

Su Otar Iosseliani

L'ho detto mille volte ma non mi stanco di ripeterlo, il suo tocco ricorda davvero molto Bunuel: la camera è sempre in movimento e, non ne dà l'impressione, non è un attimo ferma ma è sempre che insegue uno o più personaggi, sempre in modo leggero e raffinato.

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