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Kalachakra - La ruota del tempo

Regia di Werner Herzog vedi scheda film

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carlos brigante

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La recensione su Kalachakra - La ruota del tempo

di carlos brigante
8 stelle

Il Kalachakra, la cui traduzione significa "ruota del tempo", è un rito iniziatico buddista (presenziato dal Dalai Lama) che coinvolge centinaia di migliaia di fedeli i quali accorrono con tutti i mezzi dalle zone più remote dell'Asia per pregare e purificarsi interiormente. Simbolo di questa cerimonia è la creazione di un dipinto di sabbia, il mandala; ossia, una rappresentazione (fisica) di un paesaggio interiore che come tutte le cose è soggetto all'impermanenza e dunque, dopo un estenuante lavoro di preparazione che dura una settimana, va distrutto, dissolto con un solo gesto.
Questo mandala sembra, però, rappresentare alla perfezione il cinema dello stesso Herzog. Un cinema che trasfigura la semplice apparenza dell'immagine e che utilizza le immagini per creare sensazioni, stati percettivi che seppur fugaci permangono in uno spazio senza forma, quasi etereo.
Del resto il cinema di Herzog ha sempre avuto dei contorni sfumati. Una creazione artistica dove ciò che è reale non appare mai come tale; dove la dimensione metafisica si amalgama con la fisicità dei personaggi e delle situazioni; dove il confine tra fiction e non fiction è tutt'altro che definito; dove il viaggio (im)possibile dentro "altre" realtà (umane) rappresenta il desiderio herzoghiano di ricerca della spiritualità. Spiritualità che non va intesa come sinonimo di religiosità.
Quanto detto in  maniera sommaria fino adesso, vale anche per quest'opera. "Kalachakra" è un "tipico" viaggio estatico herzoghiano dentro e verso l'ignoto; un viaggio che proietta lo spettatore in una dimensione (quasi) metafisica con l'ausilio di immagini (per la maggior parte) impregnate di fisicità. A parte (ed in parte) le sequenze "lunari" del monte Kadash, la scena è pervasa da questa fisicità, da questa moltitudine di corpi riuniti in meditazione tutt'altro che statici. Si ha l'impressione di trovarsi in un vortice (mistico) rosso-arancione da cui è difficile divincolarsi. Questa sinfonia "barocca" di sensazioni estetico-estatiche è ben resa dalla scelta registica di Herzog. Non inquadrature contemplative delle masse viste da lontano, ma macchina a spalla direttamente dentro l'azione. Per chi, però, confondesse questo utilizzo documentaristico della mdp con i dettami del Cinema Verite, lascio la parola allo stesso regista:

"...Non la 'verità del contabile' del Cinema Verite, ma quella più profonda; una 'verità estatica'. E renderla visibile, trasmettere in immagini questa profonda verità spirituale, mi appassiona da sempre.."

Il cinema di Herzog è un cinema che proietta verso l'infinito; che percorre l'ignoto; che crea "alterità".....

Cosa cambierei

8,5

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