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Che ne sarà di noi

Regia di Giovanni Veronesi vedi scheda film

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La recensione su Che ne sarà di noi

di giancarlo visitilli
4 stelle

Che ne sarà di noi? E’ facile capirlo, anche senza visionare il film: nulla. Giovanni Veronesi, dopo altri suoi lavori veramente brutti (Streghe verso nord, Il mio West), per convincerci di quanto un regista difficilmente possa avere l’umiltà di dedicarsi ad altro nella vita, con un’ostinazione imbarazzante mette sul mercato (perché ormai di questo si tratta!) un film che potremmo definire biografico. Naturalmente, di che vita si poteva raccontare, se non di quella dell’ancora ‘adolescente’, nonostante la ‘maturità’, Silvio Muccino (fratello, in tutto, specie nelle ‘cose’ di cinema) del regista de L’ultimo bacio? Addirittura, Veronesi affida la sceneggiatura a Muccino Junior; il produttore, Aurelio De Laurentiis, gli avrebbe affidato anche la regia, ma lui, per nostra fortuna, non se l’é sentita. Dal film di Veronesi, in realtà, vien fuori il racconto di quello che evidentemente il pupillo avrà vissuto dopo la sua maturità. Nonostante l’appartenenza ad una famiglia capitolina, della cui mondanità e borghesia non avevamo alcun dubbio, anche se Muccino Senior e Junior giocano continuamente a fare i comunisti con la canna in mano e il Che Guevara stampato sulle magliette, Matteo, insieme ad altri suoi due amici, Paolo e Manuel, sceglie la meta del viaggio post-maturità: la Grecia. Luogo da sempre poco ambito dai ricchi perchè più alla portata di tutti, non certamente di chi vive al Parioli e gode già di una certa ‘fama cinematografica’ già all’estero.
Matteo ha una storia con Carmen (non poteva esserci altra scelta più furba nella scelta di Violante Placido, quella de L'anima gemella), una ragazza più grande di lui. Anche lei, ad insaputa di Matteo, ha deciso di partire per la Grecia. Li, nel mercato greco, fra le case imbiancate di calce e le terrazze che danno sul mare a strapiombo, i due s’incontreranno. Lei non desiste, perché al suo fianco c’è un altro personaggio tanto caro ai mucciniani: Enrico Silvestrin (Sandro). Carmen non lascerà Sandro per Matteo, o meglio non lascerà Silvestrin per Muccino. Perché lo spettatore ha una certa difficoltà a capire se gli ‘attori’ recitano o sono nella parte di sé stessi. E questa supponiamo che deve esser stata l’impressione anche del regista, visto che al ‘co-sceneggiatore’ fa pronunciare una frase emblematica: “Quando ti affibbiano un soprannome è finita! Saluti il tuo nome vero che scompare per sempre anche dall'anagrafe”. Poi, è chiaro che dipende molto dai “cognomi”.
Vien facile pensare che questo film potrà passare prima nelle programmazioni di Mtv, che sulle reti nazionali o private (ormai non c’è più differenza!).
Alla fine, un forte dubbio “sorge spontaneo”: che ne sarebbe stato di questo ennesimo film di Veronesi senza la “esse” moscia (come la stessa sua ‘recitazione’) di Silvio Muccino, i tatuaggi di Silvestrin e le tette di Violante Placido? E visto che, purtroppo, al botteghino questo film non sta andando male, un consiglio: ad un certo punto, in una battuta si afferma che nella scuola manca una disciplina, che come nel cinema, non s’insegna più: pensare. Che ne sarà di noi è l’oblio del pensiero.
Giancarlo Visitilli

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