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Big Fish. Le storie di una vita incredibile

Regia di Tim Burton vedi scheda film

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La recensione su Big Fish. Le storie di una vita incredibile

di Antisistema
9 stelle

Mi ricordo che quando frequentavo le elementari, come sport praticavo il nuoto e verso la fine di Maggio, prima della pausa estiva, la scuola nuoto era solita fare una manifestazione finale dove a gruppi di 8, ci si sfidava in gare di velocità con uno stile scelto a caso. Capitò lo stile libero e nella batteria con me, c'era contro anche un mio amico di scuola, quindi la competizione era estremamente alta. Il sottoscritto vinse la gara ed il mio amico arrivò secondo, fino a qui nulla di eclatante, se non per il fatto che quando andavamo a scuola la suddetta gara tramite i nostri racconti era finita per assumere connotati irreali, perchè ogni volta che lo raccontavamo, ci aggiungevamo un particolare nuovo per stupire i compagni di classe e alla fine quell'episodio irrilevante e anonimo della mia vita è diventato un qualcosa di leggendario, da cui oramai non saprei scindere più realtà e finzione (complice anche i molti anni trascorsi). Secondo la voce narrante che ci accompagna lungo le due ore di Big Fish - Le Storie di una Vita incredibile di Tim Burton (2003), una persona a furia di raccontare storie, finisce per diventare essa stessa quelle storie. Edward Bloom anziano (Albert Finney), di storie ne racconta a bizzeffe da una vita, l'ascoltatore non lo prende molto sul serio, ma comunque resta affascinato dall'incredibile fantasia infuse nei suoi racconti mista alla sua incredibile arte oratoria. Il figlio dell'uomo, Will Bloom (Billy Crudup), se da piccolo era felice di tali storie, mano mano che è cresciuto ha cominciato a mostrare sempre più insofferenza verso il padre e le sue storie, sino a rompere con lui la sera del suo matrimonio poichè è rimasto deluso dalla natura fittizia di esse e dalla poca serietà di suo padre. La malattia del padre qualche anno dopo, spingerà il figlio e ritornare dai suoi genitori e cercare di capire cosa sia veramente Edward Bloom dietro quella miriade di storie.

 

 

Dopo l'orribile remake del Pianeta delle Scimmie (1999), nonostante il successo al botteghino del film, la fama critica di Tim Burton era molto appannata dopo un decennio dove era riuscito comunque a conquistarsi una schiera di ammiratori. La morte del padre e della madre nel giro di due anni, spingerà il regista ad interessarsi ad un progetto dove un figlio in contrasto con il padre, cercherà di intraprendere un percorso di scoperta personale sulla natura del genitore. Big Fish quindi nasce da un'esigenza personale del regista, il quale partendo lui stesso da un rapporto quasi inesistente con i suoi genitori, imbastisce un racconto dove mito e realtà sono talmente intersecati l'uno nell'altro, che alla fine è impossibile risalire ad una verità oggettiva. Il passato di Edward Bloom è frutto delle sue parole, quindi sappiamo di certo che l'uomo ha ricamato sopra molti elementi (l'effetto ovattato delle sequenze ambientate del passato, conferiscono un'atmosfera da lavori in corso al flusso dei suoi ricordi, come se Edward in quel momento tramite le sua fantasia stesse costruendo la storia più importante, cioè la sua vita), che hanno fatto si che molte sue azioni passate, siano diventante un qualcosa di mitologico; un mito che ha contribuito a formare il personaggio di Edward Bloom, che per tutta la vita non ha fatto altro che essere sé stesso, come seccamente afferma a suo figlio che seduto sulla sedia accanto al suo letto, gli implora di dirgli chi è veramente.

 

 

La vita dell'essere umano è per lo più anonima e scarna nei suoi avvenimenti e sia nel modo in cui viene affrontata; un'esistenza piatta e borghese non si addice ad una personalità come Tim Burton, né è consona ai suoi personaggi, che si sono sempre sentiti differenti rispetto al conformismo della società che li circondava. La diversità per il regista non è mai stata etnica o razziale, ma di pura e semplice sensibilità; i personaggi di Tim Burton soffrono e vengono mal visti dalla maggioranza conformista, poichè non sono inclinabili in schemi fissi o precostituiti. Il regista ha sempre rispettato ed ammirato i suoi freak, proprio perchè portatori di istanze e sensibilità fuori dal comune ed Edward Bloom di sicuro è il freak Burtoniano più vicino allo spettatore, perchè alla fine tutti noi come quest'anziano padre, abbiamo vissuto qualche situazione assurda durante la nostra vita, ma quando la raccontiamo a distanza di tempo, tendiamo a trasfigurarne la realtà facendola diventare un qualcosa di assurdo, per dare comunque un senso alla nostra esistenza di esseri umani, che non si deve ridurre per il regista ad un mero sopravvivere alla massificazione della società odierna, poichè la fantasia è ciò che ci tiene vivi consentendoci di andare avanti. Il nostro cervello mente consapevolmente a sé stesso, per farci sentire meglio in sostanza. Tim Burton riesce ad evitare ogni trappola ricattatoria ed ogni espediente banale da lacrima movie, grazie alla sua padronanza del mezzo filmico, scegliendo di abbandonare qualche schema vecchio, per adottarne di nuovi più originali, per mettere in scena una morte che pur essendo un avvenimento triste, nello spirito non lo è poichè diventa per assurdo un vero e proprio inno alla vita, che dona speranza a chi resta in vita, aiutandolo ad avere nuovi impulsi e nuova linfa nell'affrontare la realtà.

 

 

Il merito di Tim Burton è anche aver scelto Albert Finney nel ruolo del padre anziano; un attore i cui personaggi simbolo sono l'operaio Arthur Seaton ed il picaresco Tom Jones; due personaggi agli antipodi per visione della vita e dell'esistenza, che si fondono in Big Fish per dare vita ad una sintesi; Edward Bloom che racconta storie della sua vita, come se fossero delle avventure formidabili, anche per nascondere certi conflitti interiori irrisolti sino all'ultimo. L'attore britannico c'ha lasciato pochi mesi fà, quindi il finale visto ora assume connotati ancora più commoventi nella sua potenza visiva, eppure in fondo al cuore spero davvero che Albert Finney abbia lasciato la vita con una morte del genere, che solo il Tim Burton dei tempi migliori poteva mettere in scena in questo modo. C'è da dire che Albert Finney e la controparte chiamata ad impersonarlo da giovane, Ewan McGregor (nel ruolo di Edward giovane) hanno una notevole somiglianza (confrontate McGregor con Finney giovane in Tom Jones o Due per la Strada; sono molto simili tra loro), cosa che contribuisce alla riuscita del film. Big Fish è un film che parla della vita in un modo del tutto personale ed originale, forse il finale ha qualche richiamo di troppo ad 8 1/2 di Fellini, che ne attenua l'unicità ma non la potenza del suo significato ed il circo come luogo della diversità è abusato come iconografia, ma tolto questo credo che il film sia inattaccabile ed un piccolo capolavoro. Purtroppo negli USA non ha incassato benissimo e la critica americana non s'è sprecata troppo nelle lodi, nonostante la palese qualità del film che meritava di sicuro delle nomination agli Academy Award. Purtroppo anche questa volta Albert Finney non è riuscito a conquistare l'oscar come miglior attore non protagonista; anche perchè Finney è sempre stato antipatico all'establishment dell'Academy sin dagli anni 60' e l'attore inglese naturalmente ha sempre ricambiato tale sentimento verso tale istituzione. Resta il fatto che a prescindere dai premi ricevuti o meno, Big Fish a distanza di oramai 16 anni non solo è un piccolo capolavoro, ma anche l'ultimo grande film di Tim Burton prima che il suddetto artista entrasse in un periodo di decadenza artistica (tutt'ora perdurante).

 

 

Film aggiunto alla playlist dei capolavori : //www.filmtv.it/playlist/703149/capolavori-di-una-vita-al-cinema-tracce-per-una-cineteca-for/#rfr:user-96297

 

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