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Big Fish. Le storie di una vita incredibile

Regia di Tim Burton vedi scheda film

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Questo testo contiene anticipazioni sulla trama.

La recensione su Big Fish. Le storie di una vita incredibile

di AlbertoBellini
10 stelle

 

Edward Bloom crede che un uomo, a furia di raccontare delle storie, diventi lui stesso quelle storie. Infatti è solito narrare, fra lo stupore di chi lo circonda, storie fantastiche e assurde riguardanti la sua vita: dall'incontro con un uomo alto 5 metri, a quello con una strega con un occhio di vetro, capace di mostrare alle persone che vi guardano dentro il momento della propria morte. Suo figlio William, però, non apprezza questa sua presunta mancanza di serietà e per questo con il tempo si allontana da suo padre. Quando Edward si ammala gravemente Will intraprende un personale viaggio alla scoperta della vita del padre che lo porterà a scoprire il gusto del racconto e che le storie raccontate dal padre hanno più verità di quanta se ne potesse immaginare.

 

"Ci sono dei pesci che nessuno riesce a catturare. Non è che sono più veloci o forti di altri pesci. È solo che sembrano sfiorati da una particolare grazia. Un pesce di questo tipo era la bestia. E all'epoca in cui io nacqui era già una leggenda. Aveva snobbato più esche da cento dollari di qualsiasi altro pesce in Alabama. C'era chi diceva che quel pesce era il fantasma di un ladro annegato in quel fiume sessant'anni prima. Altri sostenevano che era un dinosauro sopravvissuto al periodo crostaceo. Io non davo peso a queste speculazioni o superstizioni. Sapevo solo che avevo cercato di prendere quel pesce da quando ero un bambino non più grande di te. E il giorno in cui tu nascesti, beh, quel giorno finalmente lo catturai. Ci avevo provato con tutto quello che avevo. Esche, vermi, burro di noccioline e formaggio. Ma un giorno ebbi un'illuminazione: se quel pesce era il fantasma di un ladro le normali esche non avrebbero funzionato, avrei dovuto utilizzare qualcosa che lui desiderava veramente. L'oro! Allora legai il mio anello alla lenza più forte che esisteva, dicevano così forte da tenere su un ponte anche solo per pochi minuti. E poi la lanciai nel fiume. La bestia schizzò fuori e garrì l'anello prima che potesse toccare l'acqua e con la stessa rapidità con un morso troncò in due la lenza. Ora tu capirai il mio sgomento. La fede nuziale è il simbolo della mia fedeltà a mia moglie che stava per diventare madre smarrita nella pancia di un pesce incatturabile. Seguii il pesce su e giù per il fiume. Questo pesce, "la Bestia", tutta la città lo aveva sempre preso per un maschio. In realtà era una femmina. Era piena zeppa di uova e le avrebbe deposte da un giorno all'altro. Ora io mi trovavo con questo dilemma: avrei potuto sventrare il pesce e recuperare la mia fede nuziale ma così facendo avrei ucciso il pesce gatto più astuto del fiume Huston. Era il caso di privare mio figlio della possibilità di pescare un pesce del genere? La signora pesce ed io... Beh avevamo lo stesso destino. Facevamo parte della stessa equazione. Beh è la lezione che ho imparato quel giorno. Il giorno in cui nacque mio figlio. Qualche volta il modo per catturare una donna incatturabile è offrirle una fede nuziale."

 

Vivere la propria vita non è affatto semplice. Tutti incontriamo svariati ostacoli per raggiungere la fine del cammino, la morte. Per questo, nel corso della nostra esistenza, non facciamo altro che costruire numerosi castelli all'interno di noi stessi. "Big Fish" rappresenta quei castelli, che a loro volta rappresentano le nostre storie. La maturità di un autore. L'essenza artistica di un visionario. Le storie di una vita incredibile. Tratto dal romanzo omonimo di Daniel Wallace, con "Big Fish" Tim Burton affronta, sul grande schermo, il suo progetto più ambizioso e personale, una riflessione sul dono più importante dell'uomo: la parola, che grazie all'evoluzione, a dato vita alle storie. Numerose sono le possibilità di interpretare quest'immensa opera. La mia è la seguente; Il nostro mondo è un enorme acquario, l'acqua è il simbolo di nascita, purezza e vitalità, noi siamo i pesci che, ogni giorno, ci sguazzano all'interno. Come dice il protagonista Edward, nel suo poetico monologo, non esistono pesci più veloci, più furbi o più forti, sono e siamo tutti uguali. Ciò che davvero fa la differenza sono i castelli, le nostre storie. Non importa quanto sembrino strane o impossibili, importa quanto noi crediamo in esse. La storia di Edward è completamente strampalata, al limite del ridicolo. Per tutta la durata della pellicola, lo spettatore sarà tormentato da un'unica domanda: "Ma tutto questo è vero?". Ebbene, come ho già detto, non è questo ciò che importa. Non importa se Edward ha veramente incontrato un gigante o se ha davvero pescato quel pesce "inpescabile", ammesso che sia davvero esistito. Per vivere al meglio la propria vita, lui ci credeva, ed è questo ciò che più conta. Il pesce "inpescabile" rappresenta noi stessi, abbocchiamo alla cosa che più desideriamo, rappresenta il sogno che per tutta la vita cerchiamo di inseguire e acchiappare, rappresenta il punto di svolta che tutti noi tentiamo di dare alla nostra vita. E Tim Burton ci è riuscito. Con "Big Fish" siamo a livelli (senza esagerazione) "Felliniani", il regista statunitense si discosta dalle sue precedenti opere, mettendo a nudo sia se stesso che il suo cinema e creando un manifesto di vita e morte, un inno alla fantasia, ormai sepolta. Se tutti noi credessimo nella fantasia e nelle storie, la vita sarebbe meno grigia, cupa e difficile di quanto, in realtà, risulta. Edward e suo figlio William ne sono la prova: il primo, avendo vissuto la vita con gli occhi di un bambino, sul letto di morte affronta la fine del proprio percorso con un sorriso, trasformandosi infine in ciò che è sempre stato, ovvero, un pesce molto grosso, mentre il secondo vive la propria grigia vita denigrando la fantasia e le storie del padre. Il risultato finale commuoverà lo spettatore, senza però l'uso di sequenze-melassa che sarebbero risultate inutili e sbagliate: la morte di Edward darà speranza sia al figlio che a noi spettatori senza nemmeno una vena tragica, perchè per Burton, la morte non è altro che un nuovo inzio, l'ultima cosa di cui si dovrebbe aver paura. Senza morte non esisterebbe né la vita, né le storie. L'intera poetica e bellezza di "Big Fish" viene riassunta nella sequenza della vasca, in cui Edward e la moglie Sandra si immergono, entrambi vestiti, abbracciandosi in un acqua che ritorna ad essere simbolo di vitalità e purezza. Ad alzare ulteriormente il livello già immenso di quest'opera è il grandioso cast, formato da Ewan McGregor (Edward giovane), Albert Finney (Edward anziano), Alison Lohman (Sandra giovane), Jessica Lange (Sandra anziana), Billy Crudup (William), Helena Bonham Carter (Jenny - Strega), Marion Cotillard (Josephine), Steve Buscemi (Norther Winslow) e Danny DeVito (Amos Calloway).

"Big Fish" consacra cosi Tim Burton come un qualcuno di superiore ad un semplice autore o visionario: un maestro. Opera magnifica, capace sia di intrattenere che di commuovere lo spettatore grazie ad una semplice sceneggiatura, o meglio, storia.

 

"Tenuto in un piccolo vaso, il pesce rosso rimarrà piccolo, in uno spazio maggiore esso raddoppia , triplica, o quadruplica la sua grandezza. E allora mi venne da pensare che forse il motivo della mia crescita fosse dovuto al fatto che ero destinato a cose più grandi, dopotutto un uomo gigante non può avere una vita di usura ordinaria.''

 

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