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Big Fish. Le storie di una vita incredibile

Regia di Tim Burton vedi scheda film

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La recensione su Big Fish. Le storie di una vita incredibile

di lao
8 stelle

LA MULTIFOME BIOGRAFIA DI UN COMMESSO VIAGGIATORE---“Chi significa vero?” chiede qualcuno in”Bigh fish” l’ultimo film di Burton, ma una sola risposta non esiste: c’è chi ritiene vero solo ciò che vede, chi preferisce credere a ciò che immagina. Lavagetto ha scritto un bel saggio “La cicatrice di Montaigne”. Sulla menzogna in letteratura” per dire che senza l’arte di dir bugie non esisterebbero opere letterarie: l’inventore del romanzo, Ulisse, nell’Odissea, racconta le sue imprese ma nessuna sa( non ci sono testimoni) se le ha vissute davvero o se fa parte della sua proverbiale astuzia e capacità di adattamento alla realtà inventarsele. Omero definisce il suo eroe” multiforme” e non si potrebbe trovare attributo più calzante per il grosso pesce imprendibile e bizzarro, immagine simbolo a cui il cineasta affida il compito di raffigurare il significato della sua pellicola, sintesi in fondo di tutta la sua filmografia: non ci sono reti che imbriglino in un senso definito la vita umana, essa appare a tutti in modo sempre diverso, inafferrabile e profonda, come l’acqua, patria dell’animale sirena, da dove esso misteriosamente affiora e dove scompare alla fine, confondendosi con il protagonista defunto del lungometraggio da un lato, e con la vera anima segreta del cinema immortale e destinata a non morire mai. Qualcuno è mai riuscito a catturare lo sgattaiolante pesce? Forse tutti, forse nessuno, ma solo chi vive nella zona di confine fra reale e possibile, assecondandone l’ambiguità sfuggente e l’imprevedibilità, ne conserva almeno l’immagine riflessa. Bigh Fish è appunto l’opera autobiografica di un regista, nel senso che è la storia di esistenze ordinarie, trasfigurate e condizionate dall’essere artisti, giacchè l’arte è l’unica possibilità di evasione dalla tipicità apatica consentita all’uomo comune. Chi è Ed Bloom? Se lo chiede suo figlio Will, un giornalista, tornato da lui dopo anni di incomprensione, per assisterlo nelle ultime ore. Egli è un uomo certo mediocre, esponente esemplare della middle class statunitense: la famiglia, gli inizi da commesso viaggiatore, poi la casa con la palizzata bianca, forse la tentazione di un’amante giovane, e infine il cancro. Tutto qui. Ma il razionale Will ha continuato per anni a cercare la verità sul genitore fino a stancarsene: Ed in realtà è “multiforme” come Odisseo incanta l’uditorio piccolo borghese con le sue favola, e vive tante vive, quanti sono i sentieri fra i boschi che si aprono sulla sua strada: addentrandosi in essi, egli proietta la sua ombra in una dimensione parallela dal colori smaglianti e dai prati ricoperti di asfodeli, tutta modellata su reminiscenze cinematografiche e letterarie, una Alabama mitica popolato da creature strambe e mostri patetici, il fantasmagorico circo del “mago” Fellini, qui più che altrove fonte di ispirazione per Burton. Questo universo alternativo esorcizza persino la morte: nell’occhio di una strega gli uomini possono vedere in anticipo la propria morte come un fantasioso gioco magico del destino. Nelle pieghe di questa biografia fantastica ha spazio l’altra più tristemente immersa nella quotidianità della malattia, esse vengono a coincidere nella identificazione conclusiva del figlio con Ed: Will inscena a parole per il padre morente un funerale spettacolare e degno di lui, dove nessuno versa neppure una lacrima. E’ una presa di coscienza oppure una confessione: si diventa registi o scrittori o si desidera esserlo per regalare al proprio padre, quando sarà il momento, un funerale magico senza pianti.

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