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La famiglia

Regia di Ettore Scola vedi scheda film

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La recensione su La famiglia

di Baliverna
8 stelle

Proprio un film di attori, che infatti sono i principali agenti sua riuscita. Scola dirige discretamente, e discreta è la sceneggiatura. Tra i tanti personaggi ce n'è qualcuno e qualche storia che sono sbozzati con più incisività e verità, mentre altri sono un po' di maniera. Gli attori sono più o meno tutti bravi, ma la loro colonna portante - e pure quella del film - è Vittorio Gassmann. Prima della sua entrata in scena (eccetto la particina del nonno all'inizio) le vicende narrate rimangono un po' distanti, e lo spettatore è poco coinvolto. Si ha quasi la sensazione che il vero film inizi proprio con lui. Ho trovato poi bravissimo Philippe Noiret, che praticamente fa solo un cameo: le sue espressioni di stupore e imbarazzo davanti alla scenata a tavola che fa Gassmann sembrano vere, e sono impagabili.
Tra i molti eventi narrati, alcuni colpiscono di più. Ad esempio il triangolo amoroso col personaggio che sarà poi di Gassmann e le due ragazze (poi Artand e Sandrelli), che è un po' il filo conduttore di tutto il film. Per un brutto gioco di picche e ripicche, orgoglio e sfide reciproche, il protagonista sposa la sorella sbagliata. Niente di tragico, perché il matrimonio va poi abbastanza bene, ma il vero amore era l'altra... Gli altri momenti che mi sono piaciuti di più sono la sofferenza del bambino (Paolino, mi pare) per la separazione dei suoi e l'imbarazzo e la disperazione del commerciante in fallimento (fratello del protagonista). Bravi anche Massimo d'Apporto e padre.
Nell'insieme, esce il ritratto di una famiglia non esemplare, ma che tira avanti tra le tante prove della vita. Un luogo dove si litiga, ma tutto sommato ci si vuole bene, ci si aiuta, e si torna sempre più o meno volentieri. E' una famiglia numerosa e tipicamente italiana, il cui modello è giusto che sopravviva agli urti dei cambiamenti della società.
Scola non ha lo smalto dei tempi migliori (come gli sceneggiatori), ma nel complesso vince la scommessa, anche perché fa funzionare un film di due ore tutto girato in un appartamento. Già oggi, ventotto anni dopo, è un tipo di cinema che purtroppo non si fa più.

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