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La casa di sabbia e nebbia

Regia di Vadim Perelman vedi scheda film

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La recensione su La casa di sabbia e nebbia

di giancarlo visitilli
6 stelle

“C’era una casa tanto carina, senza soffitto, senza…più il vero proprietario”. Una diatriba tra chi occupa e chi è occupato, tra chi entra e vi prende possesso e chi esce continuando a conservare il diritto di proprietà. La casa di sabbia e nebbia dipana un’imbrigliata matassa (quella della sceneggiatura tratta dal romanzo Andre Dubus III), facendo proprio un clima culturale in cui il diritto di cittadinanza o l’identità individuale discendono esclusivamente dalla legge del possesso. Dietro la macchina l’esordiente regista, immigrato negli Usa da Kiev, Vadim Perelman, conosciuto nell’ambiente hollywoodiano come regista pubblicitario. Prodotto e distribuito da Steven Spielberg, il film ha ottenuto tre nomination agli Oscar per Miglior attore (un Kingsley monumentale), Attrice non protagonista (la sopravvalutata Shohreh Aghdashloo) e Colonna sonora (James Corner).
Kathy Labaro, giovane e bella donna (Jennifer Connelly, di recente in Hulk), compie enormi sforzi per non dipendere più dall’alcol e dalla droga, fino a che un giorno arriva, presso la sua abitazione, un ufficiale giudiziario che gli sequestra la casa per problemi relativi a tasse non pagate. La contea mette così all’asta la casa di Kathy e trova subito l’acquirente: un ex colonnello dell'esercito dello Scià iraniano, trasferitosi con la famiglia negli Usa. Disperata e abbandonata da tutti, Kathy tenterà con tutte le sue forse di rientrare in possesso della sua casa. Solo un poliziotto della zona l’aiuterà, anche con mezzi non leciti. Alla fine, nessuno rimarrà proprietario, vincitore o perdente, buono o cattivo. Anzi, le vicende dei tre personaggi (Kathy, il colonnello e il poliziotto) daranno origine ad un ensemble che, come in un vortice, travolgerà ognuno.
Antihollywoodiano, il cinema dell’esordiente Perelman si presenta già raffinato: con le belle inquadrature e una fotografia degna di menzione, insieme ai movimenti di macchina virtuosistici. Accanto alla tecnica, un sofismo che insegue continuamente la psicosi dei benpensanti e nostalgici nazionalisti, del tipo “oddio, arriva l’extracomunitario e ci porta via la casa e il lavoro”. A tal proposito, il colonello Behrani sposa magnificamente la sua dimensione post-pensione che sta a cavallo fra l’americano-sharonista e il capitalista-nordista, capace di trovare tutti i cavilli giuridici e assicurarsi l’’espropriazione legalizzata’ della casa alla sua legittima proprietaria. Tante le allusioni: il rapporto di convivenza ancora belligerante tra statunitensi autoctoni e immigrati arabi; l’occupazione americana, pardon di Sharon, in Medioriente; la legittima protesta dei popoli colonizzati dopo le “inutili stragi”, ecc.
Fatto sta che le quattro mura della sua casa costituiscono, per la protagonista del film, la protezione da una vita sfortunata che ha subito già troppe demolizioni (padre morto, marito fuggito, fratelli assenti). Ricordi persi nella nebbia circostante, nostalgie nascoste sotto la sabbia della spiaggia adiacente. La tragicità finale della storia corona un fallimento, reale (se pensiamo agli israeliani e palestinesi, agli iracheni e agli americani, all’Oriente e l’Occidente): l’impossibilità di ogni possibile convivenza tra popoli, specie se si deve accettare con la forza la rinuncia alla propria cultura, alla propria terra e libertà.
Magistrale la prova di Jennifer Connelly e di Ben Kingsley, entrambi intensi; la loro è la prova di quanto sia sottile la differenza delle emozioni, coadiuvati anche dalla bellissima colonna sonora, firmata da James Corner, capace di mitigare le sonorità nebulose e dissonanti degli archi, disciogliendole nei fraseggi del pianoforte iniziale, di debussyana memoria.
Nonostante il labirinto claustrofobico nel quale ci conduce il regista nella seconda parte del film, La casa di sabbia e nebbia è una storia di ampio respiro, che insinua nello spettatore quella ‘responsabilità evangelica’, per cui ognuno sceglie di costruire la propria casa (esistenza-libertà-convivenza…) sulla sabbia o sulla roccia. Con lo sguardo sempre al ricordo, perché non si annebbi.
Giancarlo Visitilli

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