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The Mother

Regia di Roger Michell vedi scheda film

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La recensione su The Mother

di FilmTv Rivista
8 stelle

The Mother è quel che si dice una sorpresa. Nel senso che da un film diretto da Roger Michell (Notting Hill, il mediocre Ipotesi di reato) e scritto da un autore dal talento un po’ appannato (Hanif Kureishi) non t’aspetti chissà che, al massimo il classico prodotto onesto. Invece no, ecco una storia che dice cose non banali sui rapporti generazionali, le relazioni genitori-figli, la percezione borghese che si ha della vecchiaia, l’esigenza degli anziani di avere una propria sessualità, l’ipotesi di un erotismo che travalichi l’idea assai materialista del corpo e della sua bellezza. Soprattutto, le cose che dice e sulle quali è impossibile non soffermarsi a riflettere, The Mother ti costringe a guardarle da un’ottica precisa, quella di un regista evidentemente non così “commerciale” che sceglie anzi un punto di vista radicale sulla materia messa in scena. La “madre” del titolo è May, in visita ai figli a Londra insieme al marito che muore all’improvviso. Resta sola in città e cerca di riallacciare un qualche dialogo con il figlio Bobby e soprattutto con la figlia Paula, dalla vita incasinatissima. L’ascolta solo Darren, giovane amante di quest’ultima, che da May comincia a sentirsi attratto anche fisicamente. Scivolano senza spiegazioni una tra le braccia dell’altro, ma una storia d’amore e di passione come la loro può far male, malissimo... Per l’anziana donna l’incontro con Darren è una evidente rieducazione alla vita, osteggiata da quella sorta di comune senso del pudore e dell’opportunità che farà poi impazzire Paula più del tradimento in sé. Se non può esserci gioia in una storia d’amore come questa, sembrano dirci gli autori, non è dunque colpa di una generica mancanza di sentimenti, e neppure del coinvolgimento passionale, per definizione “anarchico”. Bensì del contesto che impone e non concede, se non attraverso categorie “morali” che vanno dall’eterosessualità all’omogeneità generazionale: l’interclassismo e le diversità razziali non rientrano ufficialmente nelle cose “da non fare”, ma è apparenza... Michell e il suo direttore della fotografia Alwin Küchler hanno la grande idea di sfruttare solo luci naturali e di lasciare il mondo londinese di May e Darren al suo quotidiano squallore. È l’estetica, prima di tutto, a riflettere il destino cupo degli amanti e a trasformare il film in un melodramma glaciale e senza scampo. Strepitosa la sessantottenne protagonista Anne Reid, in una parte a dir poco difficile.

 

Recensione pubblicata su FilmTV numero 4 del 2004

Autore: Mauro Gervasini

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