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Il cartaio

Regia di Dario Argento vedi scheda film

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La recensione su Il cartaio

di cheftony
2 stelle

Vuole usarla come posta, giocando a videopoker con noi. Se rifiutiamo di giocare, la ucciderà. E se perdiamo, la ucciderà. Ma se vinciamo, la lascerà libera...così dice.”

 

La polizia di Roma non riscuote grossi risultati nella ricerca di una turista inglese scomparsa, finché è proprio il rapitore a farsi vivo online: vuole giocarsi la vittima a videopoker.

L'ispettore Anna Mari (Stefania Rocca) raccoglierebbe la sfida per salvare la ragazza, ma il questore (Adalberto Maria Merli) si prende la responsabilità di rifiutare e la ragazza viene sgozzata, mostrando il tutto ai poliziotti attraverso la webcam.

Dopo aver scatenato le ire di un poliziotto inglese dell'ambasciata, John Brennan (Liam Cunningham), la polizia si adopera per le prossime sfide: quando un'altra ragazza ci rimette la pelle dopo la sconfitta subìta dal poliziotto Carlo (Claudio Santamaria), si decide di “ingaggiare” Remo (Silvio Muccino), un ragazzetto di 19 anni che sbanca costantemente le macchinette del videopoker di una malfamata sala da gioco romana. I fatti volgono così al meglio e sboccia pure l'amore fra Anna e John, ma...

 

È giovedì sera, ore 21:05. Fondamentalmente non hai un cazzo da fare. Dopo esserti ripromesso di fermarti con la filmografia di Dario Argento una volta imbattutoti nell'orripilante “Il fantasma dell'opera” e nel passabile “Non ho sonno”, finisce ovviamente che ci ricaschi e ti metti a guardare “Il cartaio”.

 

Non so neanche da dove cominciare, se infierire o buttarla sul ridere; è una specie di thriller poliziesco, che, al contrario del precedente “Non ho sonno”, guarda più all'americanata che alle prime opere di Argento, con la trovata del videopoker e dell'omicida anonimo su cui stilare un grezzo e scontato identikit. Ma piuttosto che un esperimento, più o meno riuscito che sia, sembra una parodia: le sfide al videopoker, lentissime e senza possibilità di “raise” o “fold”, vedono mezzo corpo di polizia esultare alle mani vincenti di Remo neanche fosse una partita di freccette al bar, mentre le indagini al massimo consistono nella ricerca da parte dei tecnici informatici della localizzazione dell'assassino.

È tutto veramente imbarazzante, sconfortante, ridicolo: la trama è inconsistente, l'assassino è prevedibilissimo, i dialoghi sono nettamente inferiori anche ad una serie TV come “R.I.S. - Delitti imperfetti” e il movente ancora inspiegabile. Non c'è un senso, un filo conduttore, un'idea. Come se non bastasse, questo vuoto dilatato porta ad un finale e ad un breve epilogo da ciabattate di legno verso lo schermo.

E se Argento, qui sceneggiatore con Franco Ferrini, mai è stato 'sto granché nello scrivere storie lineari e prive di voragini, almeno un tempo (lontano) con l'estro registico e le intuizioni ardite sfornava roba interessante, quando non di alto livello. Qui neanche sembra provarci: anonimo, sciatto, insulso. Al peggio di se stessi anche gli interpreti: la Rocca è inadeguata, Muccino è antipatico e con la Folita liFca inFopportabile e Adalberto Maria Merli, attore teatrale e doppiatore di successo, pare un torvo Ken Watanabe dell'Occidente.

Poche cose si salvano: un Liam Cunningham, attore poi in ascesa che ha lavorato con Loach, McQueen e Spielberg, che quantomeno si sbatte, la fotografia del belga Benoît Debie e un paio di scene di omicidi accettabili, nelle quali Dario Argento cerca di dimostrare che è stato un regista. 5 minuti totali su 100. Non ti sciupare, mi raccomando.

Un trash che non riesce nemmeno a risultare simpatico, ché ormai Darione si porta pure dietro una spocchia insostenibile, convintissimo, nel suo italiano sempre lontano dai pericoli del congiuntivo, di sfornare un bel lavoro dopo l'altro. C'è chi matura, cambia, evolve e finisce con lo scontentare i fans della prima ora. Poi c'è chi rincoglionisce del tutto. Ai posteri l'ardua (?) sentenza.

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