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La sparatoria

Regia di Monte Hellman vedi scheda film

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alan smithee

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La recensione su La sparatoria

di alan smithee
10 stelle

Il traguardo della mia millesima recensione in questo sito merita,  a mio avviso, di essere utilizzata per un film particolare, o che comunque mi abbia comunicato emozioni e stupito. E “La sparatoria” - western essenziale, scarno come il deserto (dello Utah) in cui è ambientato, con poche anime (dannate) a popolarlo, prodotto ed interpretato da un giovane Jack Nicholson e diretto con lucida, calcolata precisione da un Monte Hellman sempre molto indipendente - è un film apparentemente spigoloso e freddo che tuttavia ha la potenza di crescerti lentamente nella mente, di sfaccettarsi e rielaborarsi nella sua storia tutt’altro che lineare; e mentre ci si ripensa, mentre lo si rivaluta anche trascorsi diversi giorni dalla visione, un accumulo di dettagli fino a poco prima irrilevanti, si ripropongono e tornano importanti, quasi fondamentali, alla mente in tutte le mille particolarità che parevano esser state tralasciate da una nostra prima e forse affrettata percezione, forse inevitabilmente scombussolati da una storia di  inseguimenti che già dall’inizio appare come un diabolico complotto che nasconde ben più complessi rimorsi o sentimenti di vendetta.   Quando l’ex cacciatore di taglie Willet Gashade torna al proprio accampamento di minatore, scopre dal suo più giovane socio che il fratello è fuggito perché la sera prima, ubriaco, ha ucciso a sangue  freddo ed immotivatamente un uomo e il suo bambino, di passaggi oin quella desolazione spettrale tutta rocce e sabbia. Nel capanno non è rimasto altro che tale giovane collega, dato  che l’altro minatore è stato ucciso da un misterioso killer che colpisce da lontano senza palesarsi, tentando pure di eliminare Gashade. Il mattino seguente arriva alla cava, da chissà dove, una bella donna misteriosa e guardinga, che si rifiuta di presentarsi, ma che offre ai due uomini una lauta somma in cambio di una scorta nei territori desertici circostanti: ella infatti ha intenzione di andare alla ricerca di un uomo misterioso che la precede chissà dove in quella immensa distesa desertica senza fine. Il comportamento della donna impensierisce Gashade, che non riesce comunque, nonostante le insistenze, a farsi rivelare nemmeno il nome, notando peraltro in lei comportamenti misteriosi, come quello di sparare in aria in certe ore della giornata, come per avvisare qualcuno della sua presenza. La diffidenza di Gashade dunque non si attenua, mentre il giovane e più ingenuo compare, attratto dalle delicate fattezze della donna, si innamora sempre più della bellissima ragazza, che tuttavia appare sempre fredda ed irreprensibile, come covasse dentro di sé un rancore insopprimibile. Tuttavia la scaltra pistolera non ignora completamente le avances del giovane, quanto meno per assicurarsi il mantenimento della scorta in quel viaggio lungo ed estenuante in terra desertica. Poco dopo l’estraneo che da tempo sembrava seguisse i tre si palesa nella figura di uno spietato e abile pistolero di nome Billy Spear, che contruibuirà non poco a rendere la tensione tra i quattro così acuta ed insopportabile da tradursi in violente esplosioni di tensione. L’ambientazione desertica aperta ed immensa non impedisce a Monte Hellman - ed è questa la vera genialità del film - di ricreare un clima di perfetta claustrofobia per tutti i segreti celati e procrastinati in avanti, rimandati sino ad un finale spiazzante ed irrisolto che crea ancora più angoscia e stupore di quanto le lunghe premesse siano state in grado di generare nello spettatore.   La sparatoria finale non serve a chiarire, ma anzi a instillare ancora più dubbi in chi affronta la pellicola, creando disagio e un senso di incertezza quasi inquietanti. Certo la freddezza della donna viene motivata da fondate, devastanti ragioni, che si riflettono ed si esplicitano nella capacità dell’essere umano di far uscire la belva che si nasconde dentro ogni qual volta vengano meno le certezze e gli affetti che costituiscono la vera ragione di vita. Un film oscuro dunque, tetro e animato da una spirale sadica di vendetta che lo rende un western crepuscolare unico, coscientemente incapace di fornirci una soluzione razionale o certa ad un enigma che si risolve con una emblematica immagine fissa che interrompe una sparatoria dall’epilogo fatale, dove chi spara e chi viene “sparato” si identificano in un gemellaggio a cui mai nessun indizio ci aveva fatto pensare. Un epilogo sorprendente o incomprensibile dal quale non avremo mai certezze ma solo ipotesi.

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