Regia di Pedro Almodóvar vedi scheda film
Un canto disperato di amore. Nella sua evoluzione in tragedia, nella capacità di stravolgere il triangolo sentimentale con personaggi gay, è il film più maschile di Almodovar, ma anche quello in cui la virilità è fatta a pezzi; non è la prima volta che Pedro affronta il tema dell'omosessualità, ma la trasparenza del suo cinema, che sembra ereditare la tragedia di Shakespeare con la trasgressione di un mondo che si fa beffe dell'AIDS ed è fiero della sua diversità, sembra trasformarsi: è tempo di maturità e di attraversare le emozioni prendendole di petto. Profondamente legato a "Matador", ma più omogeneo, anche perchè inserisce ad un contesto melò completamente rinnovato un ritratto impietoso del mondo dello spettacolo: come insegna il finale, finzione e realtà a volte si intersecano. Se "Matador" era il film sugli istinti, questo è il film del desiderio rappresentato in tutto il suo corso e decorso, primordiale e romantico, eppure come nel lavoro precedente il finale (splendido) non può essere che tragico.
Lo ricorderò come un film di sensazioni, di quelle che ti attraversano dentro e ti travolgono, a cui non puoi sottrarti. Passioni che un film riesce a filmare come la vita vera, indipendentemente dai sessi. E fa centro al cuore.
Melodramma moderno o tragedia? Non classificabile, se non come la sinossi di un film di Pedro. Come sempre la trama dei suoi film segue un percorso unico, che a prescindere si può accettare o rifiutare perchè per alcuni offende la morale e per altri è cinema puro. Io sono per la seconda ipotesi e ritengo questa trama grottesca certo, ma anche incantevole.
Tutta la recitazione di gruppo è notevolissima, l'arma in più di questo film rispetto ai precedenti di Pedro, ma Carmen Maura merita una menzione a parte: per me qui è letteralmente sensazionale. E ho detto poco.
Magistrale, come regia la migliore del suo primo periodo.
Non ci sono commenti.
Ultimi commenti Segui questa conversazione
Commenta